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domenica 18 maggio 2008

ECCO COS' HA DECISO LA COMMISSIONE TRILATERALE

Cos'ha deciso la trilaterale?
«Politica interna ed estera USA: bozza di linea per la prossima Amministrazione»: questo il titolo della prima giornata di riunione della Commissione Trilaterale, tenutasi a Washington il 25-28 aprile, ovviamente e come sempre a porte chiuse. Ma Jim Tucker, il giornalista famoso per «auscultare» le riunioni segrete del Bilderberg, aveva qualche fonte anche lì [1]. E qualcosa ha saputo. Vediamo dunque la «linea» che i più ricchi privati di USA, Europa e Giappone, in rappresentanza delle maggiori multinazionali, dettano al prossimo governo americano. Secondo il consesso, il futuro presidente dovrà anzitutto aumentare gli aiuti americani ai Paesi esteri, perché, è stato detto, «L'America non versa la sua giusta parte» degli aiuti internazionali. Il presidente futuro dovrà anche pagare la quota USA per il mantenimento dell'ONU (la Casa Bianca è in arretrato: i neocon che la teleguidano detestano l'ONU). Peter Sutherland, rappresentante del segretario generale ONU per l'immigrazione, ha caldeggiato una maggiore apertura degli Stati Uniti verso l'immigrazione, raccomandando una amnistia per i milioni di clandestini messicani e sudamericani in USA. Sarà bene notare che Sutherland, questo umanitario, è anche presidente di British Petroleum e Goldman Sachs International, oltreché un alto esponente del Bilderberg.
Non è dunque un caso se durante il panel intitolato «Global Financial Crisis», si sono sentiti solo interventi attorno al «dovere» dello Stato americano di «intervenire» per soccorrere «le istituzioni finanziarie sotto stress», e nemmeno una parola sul soccorso ai milioni di americani che si vedono pignorare la casa, o caderne tragicamente il valore di mercato. Il liberismo globale non ammette eccezioni: intervento pubblico è il Male Assoluto, tranne che per le banche loro. A parlare della crisi c'erano infatti Andrew Crockett, presidente di JP Morgan Chase International, David Rubenstein, gestore del Carlyle Group, Robert Kimmit oggi vicesegratario al Tesoro ma prima altissimo capintesta di Lehman Brothers, oltrechè Martin Feldstein, economista di Harvard, ex consigliere economico di Ronald Reagan, nonché Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale e da sempre socio del Bilderberg. C'erano anche giornalisti molto selezionati, da David Gergen dell'US News and World Report, e Lionel Barber, uno dei direttori del Financial Times: che naturalmente non hanno scritto un rigo sulle riunioni, anche se vi hanno partecipato attivamente, presiedendo alcuni panel, oppure «intervistando» per lo scelto pubblico questo o quel grand’uomo.
Sul podio, con domande complici, e a porte chiuse. Il giornalista Bill Emmot, dell'Economist, per esempio ha intrattenuto la cena dei signori allo Smithsonian Art Museum parlando della «crescita dell'Asia». Naturalmente si è molto parlato del «global warming» e si è consigliato il futuro presidente USA di spendere di più contro l'inquinamento; su come ridurre l'effetto-serra, si è ventilata una tassa ecologica sui voli aerei. Il dollaro a 120, e il cui rincaro dipende al 60% dalla speculazione sui futures petroliferi, non allarma quel nobile consesso. La questione è gestita dal Bilderberg, che nella sua riunione segreta in Germania del maggio 2005, per bocca del suo socio Henry Kissinger, raccomandava un raddoppio del barile (allora era a 40 dollari) entro 12-24 mesi. Il che è avvenuto disciplinatamente. Nel 2006, a Ottawa, il Bilderberg non si era dimostrato contento dei progressi, ed aveva raccomandato un rincaro sui 105 dollari entro la fine del 2008. Ora Goldman Sachs prevede che si arriverà a 200.
Previsione alla portata di personalità che si incontrano fra banchieri-speculatori e compagnie petrolifere, e che non preoccupa. Loro fanno enormi profitti sui rincari. E il prezzo proibitivo avvicina quella che Barroso suole chiamare «la rivoluzione post-industriale», che implica fra l'altro la fine del ceto medio. Rumori di dissenso si sono ascoltati solo quando Robert Blackwill, già vice-consigliere nazionale per l'Iraq, ha intrattenuto i signori sulla necessità di «impegnare (engage) l'Iran e costruire la pace in Medio Oriente». Blackwill ha assicurato che la «opzione militare resta sul tavolo», ma si spera negli sforzi diplomatici.
Più interessanti le conversazioni e i pettegolezzi di corridoio. I signori tengono molto al NAFTA, il mercato comune USA-Messico-Canada, e si sono detti: «John (McCain) è sempre stato a favore del libero commercio, anche davanti ai sindacati; Hil (Clinton) e Barak (Obama) fingono di eccepire su alcuni punti, ma è recita politica. Sono solidamente a favore». Anzi, «Hil», si ricordavano l'un l'altro i signori, come first lady ha tenuto sedute strategiche con il big business per indurre il Congresso ad approvare il NAFTA. Molto sarcasmo invece è stato speso contro Ron Paul. Non perché il candidato indipendente abbia una sola possibilità di occupare la Casa Bianca; ma li preoccupa la moltitudine di giovani che si sono mobilitati per lui, ed ascoltano i suoi discorsi.
Questa generazione, si sono detti i trilateralisti, «si sta facendo un'educazione politica» in questo modo. Il che può «causare danni significativi in futuro», visto che Ron Paul non vuol cedere la sovranità nazionale al NAFTA (come gli europei l'hanno ceduta alla UE), si oppone alle missioni di «mantenimento della pace» all'estero, e proclama che bisogna ritirare le truppe dall'Iraq e, peggio, ridurre le imposte non sui ricchi, ma sul ceto medio. I signori hanno perciò deciso di influire sul partito repubblicano perchè faccia pressione su Ron Paul e lo induca a rinunciare alla corsa al più presto, onde mettere fine ai suoi corsi di educazione politica un po' troppo affollati.
L'incarico è stato assegnato a Thomas Foley, già portavoce della Casa Bianca. Kissinger era presente ma non ha parlato. È decrepito e dicono che abbia problemi alla gola. Fra gli europei, Tucker segnala solo Elisabeth Guigou, già ministra francese per gli affari europei. Nell'insieme, i politici presenti sembravano essere della generazione passata, dell'era Reagan o dell'era Nixon. Si può ipotizzare che la Trilaterale ritenga di poter riprendere l'influenza che aveva prima dell'avvento dei neocon, che hanno sviato il progetto globalista con il loro bellicismo per Israele?
Il futuro lo dirà: i signori erano sicuri di avere in tasca tutti i tre candidati. Può darsi che trovino una convergenza in un senso preciso: mano pesante alla israeliana contro le opinioni pubbliche contrarie alla globalizzazione. Il direttore di Newsweek, Fareed Zakarias, uno dei giornalisti invitati, ha appena elevato un rimprovero agli americani, convinti all'80% che il Paese sia sulla strada sbagliata (saranno i mutui sub-prime e la rovinosa costosissima guerra in Iraq?). «Miliardi di persone sono uscite dalla abbietta miseria» grazie alla globalizzazione, li rimprovera Zakarias, il giornalista-impiegato della Trilateral, «il mondo sarà arricchito e nobilitato via via che diventano consumatori, produttori, inventori, sognatori...il 40% delle superlauree in America lo guadagnano gli immigrati» [2]. Niente sugli immigrati che lavano i pavimenti. Né sulla fame prodotta dai nuovissimi rincari sugli alimentari di base: anzi quella è buona, perché segnala «l'aumento dei consumi» nel mondo globalizzato. E nemmeno una parola sui 10 milioni di tedeschi che, in uno dei pochi Paesi in pieno boom economico, sono usciti dalla classe media in questi anni, per accrescere le fila dei nuovi poveri. O sui milioni di francesi che subiranno un ulteriore taglio alle pensioni, grazie a Sarkozy.
«Viviamo nel periodo più pacifico mai provato dalla specie umana», si arrabbia Zakarias, ma noi americani «siamo diventati sospettosi del commercio, dell'apertura, dell'immigrazione, degli investimenti esteri». Così non va. Se siete scontenti, vi metteremo in riga. La presidenza Bush ha visto l'allestimento di campi di raccolta e detenzione allo scopo – com'è detto ufficialmente – di «sostenere il rapido sviluppo di nuovi programmi». In cosa consistano i nuovi programmi non viene detto. Essi sono compresi nel «continuity of goverment», il programma generale di mantenimento del governo in casi di emergenza estrema e non specificata. A questa necessità provvedono programmi software che identificano, attraverso un filtro chiamato «social network analysis», a identificare persone che manifestano qualche scontentezza sull'andamento delle cose. Nel database, gestito dai militari, ci sono già 8 milioni di americani segnalati come sospetti di scontentezza, o di volontà d'opposizione [3]. Vi godrete la globalizzazione, che lo vogliate o no.
di Maurizio Blondet
Note:
1) James Tucker, Global elite gather in DC, American Free Press, 6 maggio 2008.
2) Fareed Zakarias, «The rise of the rest», Newsweek, 3 maggio 2008.
3) Ed Martin, «If you are reading this, Bush has reserved a bunk for you in one of his detention camps», OpEdNews, 6 maggio 2008. «In the spring of 2007, a retired senior official in the U. S. Justice department sat before Congress and told a story so odd and ominous, it could have sprung from the pages of a pulp political thriller. It was about a principled bureaucrat struggling to protect his country from a highly classified program with sinister implications. […] The bureaucrat was James Comey, John Ashcroft's second-in-command at the Department of Justice during Bush's first term. In his testimony before the Senate Judiciary Committee, he described how he had grown increasingly uneasy reviewing the Bush administration's various domestic surveillance and spying programs. Much of his testimony centered on an operation so clandestine he wasn't allowed to name it or even describe what it did. […] the program that Comey found so disturbing went forward at the demand of the White House, "without a signature from the Department of Justice attesting as to it's legality," he testified. What is this program? A former military operative has been told that the program utilizes software that makes predictive judgments of targets' behavior and tracks their circle of associations with "social network analysis». […] Bush, in one of his addresses to the nation, said the program was part of planning to assess threats to the "continuity of our government".
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: : Claudio aka borquide

lunedì 5 maggio 2008

COMMISSIONE TRILATERALE, MEETING 2008

Cina e India nella Commissione Trilaterale, per definire il nuovo ordine mondiale
2 Maggio 2008
WASHINGTON - Per quanto da tempo riconosciute come potenze economiche di primo piano, in grado di far sentire il proprio peso a livello internazionale, Cina e India sono entrate a far parte dei "Grandi" solo a fine aprile. Lo hanno deciso i duecento (circa) ispirati membri della Commissione Trilaterale, influente organo privato di concentrazione e orientamento della politica mondiale, fondata nel 1973 da David Rockefeller e composta dall'elite politico-economica di Stati Uniti, Europa e Giappone. Nel corso della segretissima assemblea annuale, tenutasi a Washington (USA) tra il 25 e il 28 aprile, la Trilaterale ha constatato che lo scacchiere geopolitico della Terra è mutato, vedendo emergere proprio le due superpotenze asiatiche. Così, rifacendosi al principio di base, di offrire un forum agli esponenti dei maggiori Paesi del Pianeta, sono state aperte le porte anche ai "Grandi" di Cina e India.
Ancora sconosciute le identità dei nuovi rappresentanti asiatici, infatti, sebbene non si tratti di una società segreta (esiste anche un sito internet, e sono disponibili gli atti "Trialoghi" delle riunioni), la Commissione è caratterizzata dalla riservatezza tipica delle organizzazioni massoniche, in particolare sulle identità dei partecipanti, eccetto le liste delle Commissioni passate. Tra questi figurano capi di stato e governo, ministri, manager delle grandi multinazionali, economisti, banchieri e militari, tra questi anche molti italiani, che ogni anno si riuniscono per 4 giorni per decidere le linee guida in materia di politica internazionale ed economica, che andranno poi ad ispirare scelte e strategie dei governi di tutto il mondo. Sebbene l'eco mediatica delle riunioni sia praticamente nulla, la Commissione Trilaterale avrebbe un peso internazionale maggiore addirittura rispetto ai meeting dei G8 e del World Economic Forum di Davos. Tanto basta a pesare l'importanza dell'apertura verso Cina e India, consacrate in questo modo tra le superpotenze mondiali.
Emanuele Confortin
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Stati Uniti - 28.4.2008
I manager del mondo Si conclude oggi a Washington la riunione annuale della Commissione Trilaterale Le riunioni del G8 o quelle del World Economic Forum di Davos sono oggetto di grande attenzione da parte dei mass media e dei movimenti no-global. Quelle della Commissione Trilaterale, assai più importanti per le sorti del mondo, avvengono invece nel silenzio mediatico più totale. Nessuno se ne accorge, nessuno ne parla, nessuno protesta contro questo organo privato di concertazione e orientamento della politica mondiale che riunisce l’élite politico-economica di Stati Uniti, Europa e Giappone (da cui il nome): duecento tra capi di Stato e di governo, ministri, grandi banchieri, manager delle più grandi multinazionali, economisti, militari si riuniscono ogni anno per quattro giorni in una città della triade, per decidere a porte chiuse le linee guida di politica internazionale ed economica che i singoli governi devono poi seguire. Quest’anno la riunione si tiene a Washington. I lavori, iniziati il 25 aprile, si sono conclusi lunedì.
Il governo mondiale dei "migliori". La Commissione Trilaterale è stata fondata nel 1973 dall’attuale presidente onorario dell’organizzazione, David Rockefeller, patriarca della potente dinastia bancaria e convinto "mondialista", assieme a Zbigniew Brzezinski, uno dei principali architetti della guerra al terrorismo post-11 settembre, oggi consigliere di Barak Obama. La stampa statunitense dell’epoca definì la Trilaterale una «filiazione diretta» del Gruppo Bilderberg, società segreta internazionale di cui condivide membri e ideologia: quella di un ordine mondiale gestito da una ristretta aristocrazia economico-politica soprannazionale. Scrive il filosofo e sociologo francese Gilbert Larochelle, «la cittadella trilaterale è un luogo protetto dove i "migliori", nella loro ispirata superiorità, elaborano criteri per poi inviarli verso il basso».
Una sorta di massoneria internazionale. La Trilaterale non è un’organizzazione segreta, ma è caratterizzata dalla riservatezza tipica delle organizzazioni massoniche. Ha un sito web molto discreto dove si trovano luoghi e date delle riunioni e dove si possono ordinare i "Trialoghi", gli atti pubblici di quelle riunioni – che però, lo ricordiamo, si svolgono a porte chiuse. La maggiore riservatezza riguarda i suoi membri: le liste aggiornate dei partecipanti sono pubbliche solo in teoria: noi l’abbiamo richiesta tempo fa, senza avere risposta. Sono note solo quelle degli anni passati (vedi sotto l’elenco degli italiani).
Linee guida per la politica mondiale.
Dai Trialoghi pubblicati finora emerge che nelle riunioni della Trilaterale si prendono decisioni "quadro" in materia di globalizzazione dei mercati, politica energetica, finanza internazionale, liberalizzazione delle economie. Ma si discute anche crisi internazionali e guerre, gestione del dissenso e limitazione degli «eccessi della democrazia». Il tema dipende dalle contingenze storiche. Ad esempio, dopo gli attentati dell’11 settembre, la riunione annuale del 2002 fu dominata da Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Colin Powell e Alan Greenspan che sollecitavano una «risposta globale» al terrorismo che vedesse impegnati tutti i Paesi occidentali sotto la guida degli Stati Uniti.
I saggi illuminati.
Politica estera e militare, economica, finanziaria e sociale di ogni governo devono seguire le direttive imposte da questi "esperti". Su Le Monde Diplomatique del novembre 2003, l’autore di un articolo sulla Commissione Trilaterale – il professore Olivier Boiral – scriveva: «Come i re filosofi della città platonica, che contemplavano il mondo delle idee per infondere la loro trascendente saggezza nella gestione degli affari terrestri, l’élite che si riunisce all’interno di questa istituzione molto poco democratica si adopera nel definire i criteri di un "buon governo" internazionale. Veicola un ideale platonico di ordine e controllo, assicurato da una classe privilegiata di tecnocrati che mette la propria competenza e la propria esperienza al di sopra delle profane rivendicazioni dei semplici cittadini»

Riportiamo di seguito i nomi più noti dei membri italiani della Trilaterale secondo un elenco aggiornato al 2006 (tra parentesi le loro posizioni all’epoca):

Vittorio Colao (RCS, ex Vodafone) Alfonso Iozzo (San Paolo Imi) Enrico Letta (Eurodeputato) Luca Cordero di Montezemolo (Confindustria, FIAT) Alessandro Profumo (Unicredit) Silvio Scaglia (Fastweb, ex Omnitel) Luigi Ramponi (Pres.Comm. Difesa C.D., ex vice Capo Stato Maggiore) Paolo Scaroni (ENEL, ENI) Maurizio Sella (Banca Sella) Marco Tronchetti Provera (Telecom, Pirelli) Franco Venturini (Corriere della Sera) Altre personalità italiane che hanno partecipato a passate riunioni della Trilaterale: Giovanni e Umberto Agnelli Romano Prodi (quando era presidente dell’IRI) Tommaso Padoa Schioppa Mario Monti

di Enrico Piovesana per http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=10899

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il link per accedere al sito della Commissione Trilaterale è http://www.trilateral.org/about.htm