giovedì 15 maggio 2008

LEGGI "ANTITERRORISMO" = FINE LIBERTA'

Fine delle sovranità e delle libertà in EuropaJean-Claude Paye: “Le leggi antiterrorismo.
Un Atto constitutivo dell’Impero”
di Silvia Cattori*
Le leggi «antiterrorismo» imposte dagli Stati Uniti sono servite a gettare le basi sulle quali si costruisce un nuovo ordine di diritto, osserva il sociologo belga Jean-Claude Paye. Esse si applicano ormai in tutti gli Stati europei. Ogni comune cittadino europeo può, oggi, essere sorvegliato nel proprio paese da servizi segreti stranieri, essere designato come un «nemico combattente», essere consegnato ai torturatori della CIA ed essere giudicato da commissioni militari statunitensi.
Jean-Claude Paye e i suoi due libri La fine dello Stato di diritto (Manifesto libri, 2005), e Global War on Liberty, (Telos Press Publishing, 2007.)
Silvia Cattori: Leggendo i suoi due libri La fine dello stato di diritto et Global War on Liberty [1] si comprende una cosa che i responsabili politici vogliono nasconderci : che tutte le misure prese nel quadro del Patriot Act [2] — presentate come rivolte verso delle organizzazioni terroristiche — sono state generalizzate e colpiscono ormai l’insieme dei cittadini. Si fatica a comprendere come gli Stati europei abbiano potuto approvato l’abbandono del loro ordine legale e sottomettere le loro società a queste leggi eccezionali. Jean-Claude Paye: In effetti, negli accordi europei di estradizione, firmati nel 2003, non c’è niente che impedisca che i cittadini europei siano tradotti davanti alle giurisdizioni d’eccezione degli Stati Uniti. Bisogna sapere che tali accordi, che legittimano questi Tribunali d’eccezione, sono il risultato di anni di trattative segrete. Essi non sono che la punta visibile dell’iceberg. Una parte del testo riguardante questi accordi è stata resa visibile perché doveva essere ratificata dal Congresso degli Stati Uniti. Da parte europea, non è stato necessario farli ratificare dal Parlamento europeo e i Parlamenti degli Stati membri non hanno avuto alcuna possibilità di influire sul contenuto degli accordi. Sono dei semplici funzionari demandati dai diversi Stati membri a negoziare a livello europei.
Silvia Cattori: Ma, firmando questi accordi, il Consiglio europeo ha precipitato i nostri paesi in un universo kafkiano ! Se questi accordi non sono stati ratificati dal Parlamento europeo, perché averli accettati? Jean-Claude Paye: Essi non sono stati ratificati — il Parlamento europeo dà solo un parere consultivo — ma hanno forza di legge. Questo è rivelatore della struttura imperiale messa in piedi. Possiamo vedere che la sola struttura statale sovrana che sussiste, sono gli Stati Uniti. L’Unione Europea, ad esempio, è una struttura del tutto disunita.
Silvia Cattori: A quale livello si è svolta la trattativa? Jean-Claude Paye: Al livello dei rappresentanti del Consiglio europeo. Essi sono dei funzionari che quasi non devono rendere conto. Sono dei delegati permanenti investiti delle questioni di polizia e di giustizia, designati dagli Stati membri. Sono dei funzionari europei o nazionali che divengono satelliti dell’Amministrazione degli Stati Uniti. Questo è accertabile sul piano giudiziario, ma anche su quello economico.
Silvia Cattori: L’Unione Europea non è dunque interessata a proteggere i propri cittadini. Tutto le sfugge? Jean-Claude Paye: Evidentemente, sì. Essa è stata costruita in modo che tutto le sfugga. Ciò dimostra che l’Unione Europea non è un’alternativa alla potenza degli Stati Uniti. Al contrario, essa è integrata in questa potenza imperiale, ne è un semplice meccanismo [3]. Prima dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti negoziavano in modo bilaterale. All’epoca, essi esitavano a trattare con un’entità come l’Europa dei quindici, perché c’era sempre uno Stato membro che non era d’accordo. Con gli attentati dell’11 settembre, per gli Stati Uniti le cose si sono accelerate e semplificate. Essi continuano a negoziare degli accordi bilaterali ma, adesso, trattano direttamente anche con l’Unione Europea, perché hanno il rapporto di forza necessario per far accettare immediatamente le loro richieste. Lo si è visto con gli accordi sui dati di sorveglianza dei passeggeri aerei. Un primo accordo è stato firmato nel 2004, poi un secondo nel 2006 e un terzo nel 2007. Ogni volta gli Stati Uniti hanno aumentato le loro pretese. L’accordo sui dati riguardanti i passeggeri che si recano negli Stati Uniti — entrato in vigore il 29 luglio del 2007 — è un ottimo esempio. Con tale accordo, gli Europei hanno svuotato della loro sostanza tutte le protezioni legali, nazionali ed europee, che esistono in materia di dati personali. Questi sono accessibili 72 ore prima dell’imbarco. Le compagnie aeree devono trasmettere il numero delle carte bancarie, il tragitto che farete negli Stati Uniti. Questi ultimi hanno il diritto di impedire l’accesso al territorio, hanno tutti i diritti. I cittadini stranieri non sono protetti dalle leggi degli Stati Uniti. Durante i negoziati, Washington ha preso in considerazione di trattare gli Europei come i cittadini degli Stati Uniti, ma si tratta di un privilegio concesso dall’amministrazione, che non ha forza di legge e sul quale il potere esecutivo può fare marcia indietro.
Silvia Cattori: Più niente s’oppone ormai all’instaurazione di un sistema poliziesco ? Jean-Claude Paye: Evidentemente! I governi europei vogliono realizzare la stessa restrizione delle nostre libertà. Le pretese degli Stati Uniti ne danno loro l’occasione. Vi dicono : «Siamo costretti ad accettare le richieste degli Stati Uniti, perché le compagnie europee non potrebbero più atterrare laggiù». Agiscono come se gli Stati europei non avessero alcun mezzo di ritorsione e non potessero, a loro volta, vietare alle compagnie USA di atterrare in Europa. In realtà, vogliono fare la stessa cosa dell’amministrazione statunitense. Già si progetta d’instaurare simili scambi d’informazioni a livello europeo.
Silvia Cattori: In Gran Bretagna, le leggi «antiterroristiche» permettono di perseguire ogni persona che faccia dei discorsi considerati suscettibili di «creare un’atmosfera favorevole al terrorismo». Anche queste leggi possono estendersi ad altri Stati? Jean-Claude Paye: Sì. In Gran Bretagna, il governo Blair ha potuto criminalizzare per mezzo della legge ogni forma di opposizione radicale alla sua politica estera. Sul continente, gli Stati cercano di agire attraverso la giurisprudenza. Vi è stato, in Belgio, un processo molto interessante riguardante due militanti e simpatizzanti del DHKPC, un’organizzazione turca di opposizione radicale [4], il quale dimostra come il potere cerchi di creare dei tribunali d’eccezione per far passare una giurisprudenza d’eccezione. Con la creazione di questi tribunali, il potere cerca di criminalizzare ogni forma di sostegno, anche verbale, a gruppi etichettati come «terroristici» dagli Stati Uniti, iscritti poi nella lista europea delle organizzazioni «terroristiche».
Silvia Cattori: Insomma, queste leggi «antiterrorismo» realizzate dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, servono non solo ai disegni dell’amministrazione Bush, ma anche a quelli dei governi europei? Jean-Claude Paye: Le misure di cui parliamo sono state messe a punto prima dell’11 settembre 2001. Il Patriot Act riunisce un insieme di misure che già parzialmente esistevano. Il fine del Patriot Act non è stato solo quello di imporre le misure prese, ma di dare loro una legittimità. Ciò che era parziale, disperso, ora è riunito in una sola legge. Il che dà una legittimità alle misure prese.
Silvia Cattori: Si può dedurne che gli Stati Uniti avevano bisogno di un grande attentato per far passare di forza questa modifica del diritto penale? Jean-Claude Paye: Evidentemente! Bisogna sapere che il Patriot Act, depositato tre giorni dopo gli attentati, comprende 128 pagine. Il sistema penale degli Stati Uniti è complesso, funziona per rinvii. Questo vuol dire che una legge modifica il contenuto di altre leggi penali. Se prendiamo l’insieme delle modifiche, ciò corrisponde a 350 pagine. Ci vuole almeno un anno per redigere un tale testo. A livello di Unione Europea, questo non è meno caricaturale. Le due decisioni quadro — quella relativa alle organizzazioni «terroristiche» e quella relativa al mandato d’arresto europeo — sono state depositate una settimana dopo gli attentati. Anche qui si tratta di testi che erano già pronti. Si aspettava un’occasione per farli passare.
Silvia Cattori: Il che significa che Bush dal 2001, e Sarkozy ora, possono servirsi di queste procedure d’eccezione per trasformare in nemico chi vogliono? Jean-Claude Paye: Nel momento in cui questi testi sono stati adottati, già avevamo un’idea di dove avrebbero portato. La lista delle reti «terroristiche» proviene dall’Unione Europea. È un regolamento europeo del 2001 a metterla in vigore. Nel mio libro La fin de l’État de droit, prendo il caso di un comunista filippino, José Maria Sison, un rifugiato politico riconosciuto, che aveva ottenuto asilo politico nei Paesi Bassi. Iscritto nella lista «terroristi» degli Stati Uniti, il suo nome è stato poi trascritto nella lista «terroristi» olandese. Il signor Sison ha appreso di essere iscritto nella lista «terroristi» quando sono stati bloccati i suoi conti ed è stato espulso dall’alloggio sociale che gli era stato attribuito. In seguito è stato ritirato dalla lista olandese ma, dal momento che frattanto era stato iscritto dal Consiglio sulla lista europea, il governo olandese si è servito del pretesto che il signor Sison figurava nella lista «terroristi» europea per mantenere le disposizioni che non poteva giustificare. In questo caso è interessante il fatto che, l’11 luglio 2007, la Corte europea di Lussemburgo ha cassato la decisione del Consiglio europeo. Essa ha stabilito che non c’era ragione di iscrivere Sison nella lista dei «terroristi» del Consiglio che consente il blocco dei conti bancari. Il giudizio ha sancito chiaramente che l’assenza di «motivi pertinenti» e il mancato rispetto dei diritti della difesa sono stati gli elementi che hanno fatto cassare la decisione del Consiglio europeo. Tuttavia, il 28 agosto, il signor Sison è stato di nuovo arrestato dalla polizia olandese, in violazione della decisione della Corte di giustizia. Questo caso è emblematico dei rapporti oggi esistenti tra la Giustizia — l’ultima istituzione di resistenza alla concentrazione dei poteri nelle mani dell’esecutivo — e la polizia. Ciò dimostra che la polizia fa quello che vuole, violando le decisioni di giustizia.
Silvia Cattori: Sembra che sia iniziata la prima trasposizione nella lista «terroristi» francese dei decreti recentemente promulgati da George Bush, che criminalizzano le organizzazioni e gli individui che si oppongono all’attuale politica in Iraq e nel Libano. Prossimamente, potrebbe essere pubblicata una lista di nomi, congiuntamente da Francia e Stati Uniti. Quando, nel gennaio 2006, fu votato dal Parlamento francese [5] il dispositivo legislativo sul riciclaggio, nessuno dubitò che servisse a colpire degli oppositori politici? Jean-Claude Paye: In ogni paese, c’è una lista interna delle organizzazioni «terroristiche». Generalmente, si tratta della semplice trascrizione della lista del Consiglio europeo, alla quale sono aggiunti degli elementi complementari. Lo apprendo per quanto riguarda il Libano. Sembra che qui siano stati aggiunti degli elementi complementari agli elementi dell’opposizione politica del Libano. Sarebbe interessante sapere se questi elementi saranno integrati nella lista del Consiglio europeo. Non è un tribunale a dichiarare che un tale è «terrorista»; a iscrivervi è una semplice autorità amministrativa, senza che ci sia alcune spiegazione a giustificare il vostro inserimento in tale lista.
Silvia Cattori: Che cosa le suggerisce tutto questo? Jean-Claude Paye: Questo dimostra che quasi tutti i poteri sono attualmente concentrati nelle mani dell’esecutivo. Che ora l’esecutivo ha dei poteri giudiziari. È il potere esecutivo a decidere che si possa prendere nei vostri confronti tale o talaltra misura. L’esempio dell’opposizione in Libano e l’esempio di José Maria Sison, sono esattamente la stessa cosa. Si tratta di decisioni senza motivazioni. Salvo che con il Libano c’è un’estensione, poiché per essere incriminati non occorre essere membri di un’organizzazione designata come «terroristica», ma semplicemente avere contatti con suoi membri. È una tendenza generale che prevale a livello dell’applicazione delle legislazioni «antiterroristiche».
Silvia Cattori: Dunque, lo scopo del Patriot Act e delle altre leggi «antiterroristiche» è quello di attaccare le libertà fondamentali? Jean-Claude Paye: Sì, l’obiettivo è sopprimere le libertà fondamentali.
Silvia Cattori: Ci saremmo aspettati che tutte le forze politiche denunciassero queste norme d’eccezione. La sinistra, che si presenta come il difensore della giustizia sociale, non dovrebbe mobilitarsi, esigere un immediato ritorno allo Stato di diritto? Jean-Claude Paye: La Sinistra? Quale sinistra? Guardi gli Stati Uniti. I democratici votano le leggi più liberticide elaborate dal Partito repubblicano. Il Military Commission Act, adottato nel 2006, è stato votato anche da una parte del Partito democratico che, pure, è maggioritario alla Camera ed aveva la possibilità di impedire a questa legge di passare. Da noi è la stessa cosa. A parte un’accelerazione, come accade con il presidente Sarkozy, quando la sinistra è al potere non si vede la differenza con la destra. In Francia, ad esempio, le prime misure di sorveglianza globale sono state messe in atto dal governo di Lionel Jospin. Il solo apparato che manifesta una lieve resistenza è quello giudiziario. Negli Stati esistono arresti effettuati dall’esecutivo che vengono cassati. Ad esempio, quando in Belgio la Corte di Cassazione annulla per vizio di forma il giudizio in appello dei militanti del DHKCP, è una resistenza dell’apparato giudiziario. Il problema è che non esiste alcun meccanismo di diffusione nella società civile. Questa assenza si aggiunge al silenzio dei media. Da un’istituzione isolata non si può sperare che possa condurre a lungo la resistenza.
Silvia Cattori: Ma si tratta di un attacco contro la libertà di opinione che si estende al mondo intero. È dunque capitale che i partiti politici si preoccupino di queste derive e che i cittadini sappiano che queste nuove leggi permettono, sulla base di un semplice sospetto, di mantenere chiunque in prigione senza accusa e senza processo, che più nessuno è protetto dalla legge, che si tratta di un arbitrio totale! Come si spiega che nei Forum sociali mondiali gli alter mondialisti, i responsabili di Attac, non mettono tali questioni al centro del dibattito? Jean-Claude Paye: Non ne parlano. Non vogliono parlarne. Questo tocca i problemi fondamentali. Essi non vogliono parlare di questi problemi, perché dovrebbero affrontare direttamente il potere. Queste preoccupazioni sono per loro secondarie. Non fanno più parte del programma di Attac. Parlano della tassa Tobin, di cose periferiche. Siamo in una società psicotica, una società del non scontro. Non sono mai i partiti che governano a proteggere i cittadini. Ogni volta che i partiti hanno fatto passare delle misure favorevoli ai cittadini, è perché esisteva un rapporto di forza che li costringeva. La démocrazia si conquista ogni giorno, non è mai concessa. Se studia e spiega queste leggi «antiterroristiche», lei svela esattamente la natura del potere. Lei non può più parlare di potere democratico, lei vede una società già in marcia verso la dittatura. Vede che ogni nuova misura presa è peggiore della precedente. Le cose sono chiarissime. Ma ci rifiutiamo di vederle per come sono. Il problema fondamentale non è che il potere si trasformi in dittatura perché, come mostra la storia, un potere incontrollabile si trasforma sempre in dittatura. Il problema fondamentale della nostra epoca è l’abdicazione delle persone di fronte a questo processo. E questo è un fenomeno piuttosto nuovo. Le persone abbandonano al potere e alla macchina economica le loro libertà; e a termine, visti i problemi ambientali e climatici, la loro sopravvivenza in quanto specie vivente.
Silvia Cattori: Da quando ha avvertito che le cose si sarebbero evolute in questo senso e che alle persone critiche del sistema politico e mediatico sarebbe stato vietato di parlare? Jean-Claude Paye: Dalla fine degli anni '90. Già allora, si vedeva la costruzione di questo Stato poliziesco. Ma le leggi emanate all’epoca sembrano quasi democratiche in confronto a quello che vediamo oggi. Il processo conosce una forte accelerazione.
Silvia Cattori: Questo significa che l’Autorità esecutiva degli Stati Uniti attacca direttamente i diritti fondamentali dei cittadini del mondo intero, tra cui quelli dell’Unione Europea!? Jean-Claude Paye: Sì, è evidente! Ma non si tratta solo dell’esecutivo statunitense, ma dell’insieme degli esecutivi dell’intero pianeta, tra i quali c’è una vera solidarietà contro le loro popolazioni. Le prigioni segrete della CIA sono un buon esempio di questo processo [6]. A livello europeo, delle amministrazioni sono state integrate direttamente in questa organizzazione della tortura. Nel migliore dei casi, tutto quello che si è potuto ottenere dai governi europei è che si comportino come le tre piccole scimmie: cieche, sorde e mute [7].
Silvia Cattori: Che cosa accadrà a quelli che sono iscritti su queste liste di «terroristi» che rimangono segrete? Jean-Claude Paye: Le liste «terroristi» non sono tutte segrete. A livello europeo, solo la lista «Europol» è segreta. Essa consente di prendere misure di sorveglianza e di mettere in atto speciali tecniche di sorveglianza e ricerche segrete su persone definite «terroristi» [8]. La lista del Consiglio europeo permette di prendere misure finanziarie, come il blocco dei conti bancari. Tutti questi elementi saranno utilizzati se il rapporto di forza in loco sarà favorevole al potere. La prima cosa da fare è rivelare che cosa succede, diffondere il massimo delle informazioni e fare in modo che queste liste siano note.
Silvia Cattori: Ciò non le suggerisce alcuna analogia? Jean-Claude Paye: Sì, il clima degli anni trenta. Ma, attualmente, viene messa in atto una dittatura mondiale. Una specie di «migliore dei mondi» e non un semplice processo di «fascistizzazione».
Silvia Cattori: Dopo il 2001, si sequestrano delle persone, si torturano dei presunti «terroristi» di origine araba e di confessione musulmana. Un domani ci dobbiamo aspettare che venga punito chi denuncia questi abusi? Jean-Claude Paye: L’impero ha bisogno di nemici. Esso crea, inventa i propri nemici. La prima cosa da fare è mostrare ciò che è nascosto [9]. Ci sono tanto di leggi che permettono di fare qualsiasi cosa in ogni momento! Ma questo viene fatto in funzione della resistenza immediata degli interessati. In precedenza vi era un quadro legislativo che ci proteggeva. Ora, loro possono fare quello che vogliono se hanno la capacità d’imporlo. Oggi, le cose si basano su un puro rapporto di forza.
Silvia Cattori: Dick Marty [10], delegato dal Consiglio d’Europa, potrebbe ottenere dall’Unione Europea l’annullamento di queste liste illegali? Jean-Claude Paye: Il rapporto che Dick Marty ha redatto è molto importante! Esso è fuori dal coro, si oppone alla linea politica dei governi europei. Ma, di fatto, il signor Marty non ha alcun potere; il suo rapporto non ha potuto cambiare nulla, perché è controcorrente. Tuttavia, questo rapporto è essenziale.
Silvia Cattori: I politici che ci parlano di giustizia e libertà, lo fanno a vanvera? Jean-Claude Paye: Bisogna essere lucidi, mostrare le cose per quello che sono. Quelli che fanno delle critiche limitandosi a dire: «Sì, servono delle leggi antiterrorismo, è necessario lottare contro il terrorismo, ma bisogna evitare gli abusi» non fanno che legittimare il punto di vista del potere. Dobbiamo mostrare che le leggi che hanno come obiettivo dichiarato la lotta al «terrorismo» sono in realtà leggi contro le popolazioni. L’ultima legge promulgata negli Stati Uniti, il Military Commission Act, è una legge costituzionale di portata mondiale, come ho dimostrato nel mio ultimo libro Global war on Liberty. Il presidente degli Stati Uniti ha la possibilità di definire nemico ogni cittadino statunitense o qualsiasi abitante di un paese con il quale gli USA non sono in guerra. La gestione delle popolazioni, cittadini statunitensi compresi, diviene un atto di guerra e non più solo un’azione di polizia. Prendiamo ad esempio l’Accordo Swift. Swift è un’agenzia belga che si occupa di trasferimenti finanziari internazionali. Swift ha trasmesso, dal 2001, tutte le informazioni sulle transazioni dei suoi clienti, violando non solo la legislazione belga, ma la legislazione europea [11]. In Europa è il diritto degli Stati Uniti ad essere applicato. Tutto quello che viene detto dall’amministrazione statunitense sta nel campo della fede. La tesi governativa sugli attentati dell’11 settembre non può essere creduta razionalmente da nessuno. Il rapporto della Commissione non parla nemmeno del crollo di una terza torre. Si tratta di un rapporto psicotico, nel quale il discorso dell’autore si sostituisce agli stessi fatti. Un récente sondaggio Zogby mostra che la maggioranza degli Statunitensi auspica la riapertura dell’inchiesta [12]. Mentre, in Europa, viene stigmatizzato il semplice fatto di porre delle domande.
Silvia Cattori: Quale meccanismo ci resta per esigere il ritorno ad uno Stato di diritto? Jean-Claude Paye: Bisogna mettere le carte in tavola. Parlare chiaro. Mostrare le implicazioni. Questo dipende dalla capacità di resistenza delle persone. La lotta «antiterroristica» è in realtà una guerra contro le libertà. Questa guerra contro le libertà è la prima fase di una guerra contro le popolazioni. E il Military Commission Act è una legge penale di carattere mondiale ed è, in realtà, un atto di sovranità imperiale. È una legge che confonde rapporto di polizia con rapporto di guerra. È la messa a punto di una nuova forma di Stato mondiale che, integrando funzioni di polizia e di guerra, lotta contro le proprie popolazioni. Cosa importante, questa legge viene applicata a livello mondiale, dà la possibilità agli Stati Uniti non solo di intervenire ma, soprattutto, di farsi consegnare qualsiasi cittadino nel mondo, cioè delle persone da essi definite «nemici combattenti». Gli accordi europei di estradizione con gli Stati Uniti non si oppongono al fatto che le persone definite «nemici combattenti» possano essere trasferite negli Stati Uniti. Si tratta dunque di una legge che ha una portata mondiale. È un Atto costitutivo dell’Impero. Attualmente è il diritto penale ad essere costituente. Questo è già esistito nella storia delle nostre società. Il diritto penale esercita un ruolo costituente nei periodi di transizione (ad esempio, il diritto penale fu dominante agli inizi del capitalismo). Se il diritto penale è attualmente dominante, si sta preparando una nuova forma di diritto di proprietà. Quello che si potrebbe chiamare la fine della «proprietà di sé». Il complesso dei nostri dati personali non ci appartiene più. Essi appartengono allo Stato, ma anche alle imprese private. Il dominio del diritto penale prepara la realizzazione di questo futuro diritto privato.
Silvia Cattori: Generalmente la gente pensa che queste misure colpiscano solo individui ben precisi? Jean-Claude Paye: Esse colpiscono tutti. Colpiscono ogni forma di resistenza. Un «terrorista» è divenuto qualcuno che non vuole abbandonare al potere le sue libertà, qualcuno che vuole vivere.
Silvia Cattori: Da questa estate, gli Stati Uniti considerano sospetti di « terrorismo » gli oppositori alla loro linea politica in Iraq e nel Libano [13]. Già vi figura il direttore dell’agenzia di stampa libanese New Orient News. L’amministrazione Bush avrebbe chiesto al governo Sarkozy, di trascrivere nel diritto francese le nuove liste di oppositori politici e di farvi figurare il giornalista Thierry Meyssan, già persona non gradita sul territorio degli Stati Uniti. Questo la sorprende? Jean-Claude Paye: Non ero al corrente della richiesta concreta di Bush relativa a Thierry Meyssan. Ma si tratta di un contesto di puri rapporti di forza in un determinato momento. Quando si pensa all’isteria manifestata dai sedicenti «intellettuali» francesi e agli attacchi subiti in Francia Thierry Meyssan dopo l’uscita del suo libro sugli attentati dell’11 settembre [14] che ha osato porre le domande necessarie, non ci può più meravigliare di nulla. Il mio lavoro mostra che le disposizioni «antiterroristiche» hanno come obiettivo l’attacco agli oppositori politici nonché alle popolazioni e non solo agli «islamisti». Non si può dunque essere fondamentalmente sorpresi, se si verifica questo, un’eventuale iscrizione di Thierry Meyssan nella lista dei «terroristi». Tuttavia, ciò indicherebbe che abbiamo raggiunto una nuova tappa nella criminalizzazione della parola di opposizione. Indicherebbe che il potere si sente perfettamente a suo agio, mettendo in chiaro degli obiettivi che finora ha sempre negato. Chi può credere alla tesi governativa degli attentati dell’11 settembre? Chi può credere che una torre colpita da un aereo cada in modo controllato? Il problema è che gli Stati Uniti danno tutte le informazioni che permettono di rimettere in discussione la loro tesi, e le persone fanno mostra di credere. Ci troviamo in un meccanismo perverso nel quale l’individuo, per non affrontare il Reale, fa finta di credere all’inverosimile.
Silvia Cattori: Mentre Thierry Meyssan ha rivelato fatti che avrebbero dovuto prendere sul serio, curiosamente, i giornalisti lo hanno in genere stroncato. Jean-Claude Paye: A chi appartengono quei giornali che hanno diffamato Thierry Meyssan? Quei «giornalisti» sono delle persone che ricopiano ciò che viene loro detto di dire. Ne conosce molti di giornalisti «ufficiali» che verificano le loro fonti e che fanno un serio lavoro d’indagine?
Silvia Cattori: I suoi libri sono importanti per tutti quelli che difendono le libertà. Jean-Claude Paye: Ho scritto questi libri perché credo sia stato necessario farlo. Quando ho visto passare queste leggi, in Belgio e ovunque nel mondo, tutto è andato nello stesso senso. Bisognava rilevare questa coerenza. Sono in pochi a fare questo lavoro. Io sono quasi il solo a lavorare in maniera globale. Tutti questi dati non sono messi insieme. Devo raccoglierli, fare il lavoro del giurista e, nello stesso tempo, il mio lavoro di sociologo, per poter pensare la nuova forma di organizzazione del potere. I miei lavori prendono in considerazione le due sponde dell’Atlantico. Studiano non solo le leggi anti-terrorismo, ma tutte le leggi di controllo sociale. Questo forma un tutto.
di Silvia Cattori (giornalista svizzera). Articoli di questo autore Intervista realizzata il 30 agosto 2007. Tradotto da Eurasia
Note:
[1] La fine dello stato di diritto. La Dispute, Paris, 2004. Questo libro è pubblicato in italiano dal Manifesto libri, in tedesco da Rotpunktverlag. Global War on Liberty. Éditions Telos Press, New York 2007. La traduzione in turco uscirà prossimamente edita da IMGE, in spagnolo da HIRU, in olandese da EPO.
[2] Il Patriot Act è definito una «Legge per unire e rafforzare l’America fornendo gli strumenti appropriati per individuare e contrastare il terrorismo». Votato dal Congresso degli Stati Uniti, è stato firmato da George W. Bush, il 26 ottobre 2001. Adottato a titolo provvisorio, questo dispositivo d’eccezione giungeva a scadenza il 31 dicembre 2005, ma veniva prolungato dalla Camera dei rappresentanti e perdura. Tra le sedici disposizioni del Patriot Act, che assicurano un controllo generalizzato delle popolazioni, quattordici sono state rese permanenti. Questa legge consente inoltre al governo degli Strati Uniti di detenere senza limiti e senza accuse ogni cittadino straniero sospettato di «terrorismo».
[3] «L’OTAN : du Gladio aux vols secrets de la CIA», di Ossama Lotfy, Réseau Voltaire, 24 aprile 2007.
[4] I giudizi di primo grado e di appello sono stati annullati dalla Corte di Cassazione di Bruxelles nel giugno 2007. Il processo ricomincia in appello il 13 settembre ad Anversa.
[5] Il capitolo VIII della legge n° 2006-64, pubblicata sul Journal officiel de la République française del 24 gennaio 2006, stabilisce che ogni persona morale o fisica che è stata in relazione con una persona iscritta nelle liste europee ad esempio di sospetti finanziatori del terrorismo (le quali comprendono liste di oppositori alla politica degli Stati Uniti in Iraq e nel Libano) deve rispondere ad ogni domanda relativa a tale relazione. Nel caso in cui egli disponga di risorse o di beni di cui non possa giustificare l’origine, sarà considerato, per difetto, come se li avesse ricevuti nel quadro di un’attività «terroristica». La Francia può bloccare i suoi averi, mentre un giudice anti-terrorista può farlo arrestare e incarcerare, poi farlo giudicare e, forse, condannare a 3 anni di prigione e a 75 000 euri di multa.
[6] «La CIA possède des prisons secrètes en Europe», di D. E., Réseau Voltaire, 10 novembre 2005.
[8] «L’Euro Patriot Act, Réseau Voltaire, 17 novembre 2003.
[9] «La loi Ashcroft-Perben II» e « La France autorise l’action des services US sur son territoire», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 18 febbraio e 8 marzo 2004.
[10] «Faut-il combattre la tyrannie avec les instruments des tyrans?», di Dick Marty, Réseau Voltaire, 22 marzo 2007.
[13] La qualifica di «terrorista» è stata estesa dal presidente George W. Bush agli oppositori politici con l’Executive Order 13438 — Blocking Property of Certain Persons Who Threaten Stabilization Efforts in Iraq (firmato il 17 luglio 2007) e con l’Executive Order 13441 — Blocking Property of Persons Undermining the Sovereignty of Lebanon or Its Democratic Processes and Institutions (firmato il 1° agosto 2007).
[14] L’Incredibile Menzogna, Thierry Meyssan, Fandango libri, 2002.
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