venerdì 16 maggio 2008

DEAD MAN TALKING. NUOVO VIDEO DI BIN LADEN: LA PROPAGANDA DEL NUOVO ORDINE MONDIALE SEMPRE PIU' RIDICOLA

l'annuncio era apparso su internet
Bin Laden: «Jihad contro Israele per la liberazione della Palestina» Messaggio audio del leader di Al Qaeda per il 60° anniversario della fondazione dello Stato ebraico
DUBAI - Osama Bin Laden torna a far sentire la sua voce. In un messaggio audio diffuso via Internet, il leader della rete terroristica Al Qaeda afferma che la «guerra santa» è un dovere per liberare la Palestina. «La lotta contro Israele continuerà - assicura - non cederemo nessun centimetro del territorio palestinese».
«INVASORI» - «Oggi vi parlo della questione più importante della nostra nazione islamica - esordisce Bin Laden - ovvero la lotta che riguarda la questione palestinese. Sessant'anni fa non esisteva Israele, c'era solo la Palestina che è stata sottratta con le armi ai palestinesi. Questa è la vostra terra e gli israeliani sono degli invasori - afferma il leader di al Qaeda - I vostri media vi hanno raccontato il falso per 60 anni su questo tema. I palestinesi sono gli oppressi». Bin Laden ammonisce anche «sulla pericolosità dei mezzi di informazione che sostengono le menzogne della Casa Bianca e della lobby sionista».
UNIFIL- Bin Laden afferma poi che «la partecipazione dei capi occidentali ai festeggiamenti dei 60 anni di Israele dimostra il loro sostegno all'occupazione degli ebrei sulla nostra terra». «Gli occidentali combattono con gli israeliani nella stessa trincea contro di noi» aggiunge, quindi fa riferimento all'Unifil precisando che «ciò è dimostrato dal fatto che hanno inviato truppe operative nel sud del Libano in difesa degli ebrei». Bin Laden accusa poi Bush e Blair di aver rubato il petrolio degli arabi in Iraq per confermare come l'Occidente partecipi con Israele «all'usurpazione dei beni dei musulmani».
LE ACCUSE - Rivolto ai leader occidentali, il capo di al Qaeda dichiara: «Voi definite le organizzazioni palestinesi come terroriste e ponete delle sanzioni nei loro confronti, mentre dall'altra parte quando gli israeliani compiono stragi di civili li sostenete». Ricordando i trascorsi dell'ex premier israeliano Menachem Begin, Bin Laden chiede agli occidentali in base a quale principio è stato possibile «collaborare con Begin, capo di una delle organizzazioni sioniste oppressive responsabile della strage di Deir Yasin». Il riferimento è ad un attacco delle milizie ebraiche Irgun - guidate dal futuro premier israeliano - avvenuto il 9 aprile 1948, in cui furono uccisi circa 100 palestinesi. I vertici israeliani, continua Bin Laden, «non si sono fermati dopo Deir Yasin e continuano oggi ponendo la popolazione sotto un embargo» a Gaza: a questo proposito il capo di Al Qaeda invita «i governanti egiziani a interrompere il loro blocco per aiutare i diseredati» che vivono nella Striscia.
ANNUNCIO - Il messaggio arriva in occasione del sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato ebraico. L'annuncio dell'audio era apparso su forum "jihadisti del web", monitorati dal SITE Intelligence Group Monitoring Service. Il messaggio è intitolato: «Le cause del conflitto sul sessantesimo anniversario dell'istituzione dell'occupazione israeliana» ed è rivolto agli «occidentali».
LOTTA IN IRAQ - L'ultimo messaggio audio del leader di al-Qaeda era stato diffuso il 20 marzo scorso. Il terrorista saudita esortava i musulmani a proseguire nella lotta contro le truppe americane in Iraq. Nello stesso intervento aveva anche criticato le trattative condotte dall'Autorità palestinese con Israele esortando alla guerra santa per liberare i territori palestinesi.
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: : Claudio aka borquide

giovedì 15 maggio 2008

LEGGI "ANTITERRORISMO" = FINE LIBERTA'

Fine delle sovranità e delle libertà in EuropaJean-Claude Paye: “Le leggi antiterrorismo.
Un Atto constitutivo dell’Impero”
di Silvia Cattori*
Le leggi «antiterrorismo» imposte dagli Stati Uniti sono servite a gettare le basi sulle quali si costruisce un nuovo ordine di diritto, osserva il sociologo belga Jean-Claude Paye. Esse si applicano ormai in tutti gli Stati europei. Ogni comune cittadino europeo può, oggi, essere sorvegliato nel proprio paese da servizi segreti stranieri, essere designato come un «nemico combattente», essere consegnato ai torturatori della CIA ed essere giudicato da commissioni militari statunitensi.
Jean-Claude Paye e i suoi due libri La fine dello Stato di diritto (Manifesto libri, 2005), e Global War on Liberty, (Telos Press Publishing, 2007.)
Silvia Cattori: Leggendo i suoi due libri La fine dello stato di diritto et Global War on Liberty [1] si comprende una cosa che i responsabili politici vogliono nasconderci : che tutte le misure prese nel quadro del Patriot Act [2] — presentate come rivolte verso delle organizzazioni terroristiche — sono state generalizzate e colpiscono ormai l’insieme dei cittadini. Si fatica a comprendere come gli Stati europei abbiano potuto approvato l’abbandono del loro ordine legale e sottomettere le loro società a queste leggi eccezionali. Jean-Claude Paye: In effetti, negli accordi europei di estradizione, firmati nel 2003, non c’è niente che impedisca che i cittadini europei siano tradotti davanti alle giurisdizioni d’eccezione degli Stati Uniti. Bisogna sapere che tali accordi, che legittimano questi Tribunali d’eccezione, sono il risultato di anni di trattative segrete. Essi non sono che la punta visibile dell’iceberg. Una parte del testo riguardante questi accordi è stata resa visibile perché doveva essere ratificata dal Congresso degli Stati Uniti. Da parte europea, non è stato necessario farli ratificare dal Parlamento europeo e i Parlamenti degli Stati membri non hanno avuto alcuna possibilità di influire sul contenuto degli accordi. Sono dei semplici funzionari demandati dai diversi Stati membri a negoziare a livello europei.
Silvia Cattori: Ma, firmando questi accordi, il Consiglio europeo ha precipitato i nostri paesi in un universo kafkiano ! Se questi accordi non sono stati ratificati dal Parlamento europeo, perché averli accettati? Jean-Claude Paye: Essi non sono stati ratificati — il Parlamento europeo dà solo un parere consultivo — ma hanno forza di legge. Questo è rivelatore della struttura imperiale messa in piedi. Possiamo vedere che la sola struttura statale sovrana che sussiste, sono gli Stati Uniti. L’Unione Europea, ad esempio, è una struttura del tutto disunita.
Silvia Cattori: A quale livello si è svolta la trattativa? Jean-Claude Paye: Al livello dei rappresentanti del Consiglio europeo. Essi sono dei funzionari che quasi non devono rendere conto. Sono dei delegati permanenti investiti delle questioni di polizia e di giustizia, designati dagli Stati membri. Sono dei funzionari europei o nazionali che divengono satelliti dell’Amministrazione degli Stati Uniti. Questo è accertabile sul piano giudiziario, ma anche su quello economico.
Silvia Cattori: L’Unione Europea non è dunque interessata a proteggere i propri cittadini. Tutto le sfugge? Jean-Claude Paye: Evidentemente, sì. Essa è stata costruita in modo che tutto le sfugga. Ciò dimostra che l’Unione Europea non è un’alternativa alla potenza degli Stati Uniti. Al contrario, essa è integrata in questa potenza imperiale, ne è un semplice meccanismo [3]. Prima dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti negoziavano in modo bilaterale. All’epoca, essi esitavano a trattare con un’entità come l’Europa dei quindici, perché c’era sempre uno Stato membro che non era d’accordo. Con gli attentati dell’11 settembre, per gli Stati Uniti le cose si sono accelerate e semplificate. Essi continuano a negoziare degli accordi bilaterali ma, adesso, trattano direttamente anche con l’Unione Europea, perché hanno il rapporto di forza necessario per far accettare immediatamente le loro richieste. Lo si è visto con gli accordi sui dati di sorveglianza dei passeggeri aerei. Un primo accordo è stato firmato nel 2004, poi un secondo nel 2006 e un terzo nel 2007. Ogni volta gli Stati Uniti hanno aumentato le loro pretese. L’accordo sui dati riguardanti i passeggeri che si recano negli Stati Uniti — entrato in vigore il 29 luglio del 2007 — è un ottimo esempio. Con tale accordo, gli Europei hanno svuotato della loro sostanza tutte le protezioni legali, nazionali ed europee, che esistono in materia di dati personali. Questi sono accessibili 72 ore prima dell’imbarco. Le compagnie aeree devono trasmettere il numero delle carte bancarie, il tragitto che farete negli Stati Uniti. Questi ultimi hanno il diritto di impedire l’accesso al territorio, hanno tutti i diritti. I cittadini stranieri non sono protetti dalle leggi degli Stati Uniti. Durante i negoziati, Washington ha preso in considerazione di trattare gli Europei come i cittadini degli Stati Uniti, ma si tratta di un privilegio concesso dall’amministrazione, che non ha forza di legge e sul quale il potere esecutivo può fare marcia indietro.
Silvia Cattori: Più niente s’oppone ormai all’instaurazione di un sistema poliziesco ? Jean-Claude Paye: Evidentemente! I governi europei vogliono realizzare la stessa restrizione delle nostre libertà. Le pretese degli Stati Uniti ne danno loro l’occasione. Vi dicono : «Siamo costretti ad accettare le richieste degli Stati Uniti, perché le compagnie europee non potrebbero più atterrare laggiù». Agiscono come se gli Stati europei non avessero alcun mezzo di ritorsione e non potessero, a loro volta, vietare alle compagnie USA di atterrare in Europa. In realtà, vogliono fare la stessa cosa dell’amministrazione statunitense. Già si progetta d’instaurare simili scambi d’informazioni a livello europeo.
Silvia Cattori: In Gran Bretagna, le leggi «antiterroristiche» permettono di perseguire ogni persona che faccia dei discorsi considerati suscettibili di «creare un’atmosfera favorevole al terrorismo». Anche queste leggi possono estendersi ad altri Stati? Jean-Claude Paye: Sì. In Gran Bretagna, il governo Blair ha potuto criminalizzare per mezzo della legge ogni forma di opposizione radicale alla sua politica estera. Sul continente, gli Stati cercano di agire attraverso la giurisprudenza. Vi è stato, in Belgio, un processo molto interessante riguardante due militanti e simpatizzanti del DHKPC, un’organizzazione turca di opposizione radicale [4], il quale dimostra come il potere cerchi di creare dei tribunali d’eccezione per far passare una giurisprudenza d’eccezione. Con la creazione di questi tribunali, il potere cerca di criminalizzare ogni forma di sostegno, anche verbale, a gruppi etichettati come «terroristici» dagli Stati Uniti, iscritti poi nella lista europea delle organizzazioni «terroristiche».
Silvia Cattori: Insomma, queste leggi «antiterrorismo» realizzate dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, servono non solo ai disegni dell’amministrazione Bush, ma anche a quelli dei governi europei? Jean-Claude Paye: Le misure di cui parliamo sono state messe a punto prima dell’11 settembre 2001. Il Patriot Act riunisce un insieme di misure che già parzialmente esistevano. Il fine del Patriot Act non è stato solo quello di imporre le misure prese, ma di dare loro una legittimità. Ciò che era parziale, disperso, ora è riunito in una sola legge. Il che dà una legittimità alle misure prese.
Silvia Cattori: Si può dedurne che gli Stati Uniti avevano bisogno di un grande attentato per far passare di forza questa modifica del diritto penale? Jean-Claude Paye: Evidentemente! Bisogna sapere che il Patriot Act, depositato tre giorni dopo gli attentati, comprende 128 pagine. Il sistema penale degli Stati Uniti è complesso, funziona per rinvii. Questo vuol dire che una legge modifica il contenuto di altre leggi penali. Se prendiamo l’insieme delle modifiche, ciò corrisponde a 350 pagine. Ci vuole almeno un anno per redigere un tale testo. A livello di Unione Europea, questo non è meno caricaturale. Le due decisioni quadro — quella relativa alle organizzazioni «terroristiche» e quella relativa al mandato d’arresto europeo — sono state depositate una settimana dopo gli attentati. Anche qui si tratta di testi che erano già pronti. Si aspettava un’occasione per farli passare.
Silvia Cattori: Il che significa che Bush dal 2001, e Sarkozy ora, possono servirsi di queste procedure d’eccezione per trasformare in nemico chi vogliono? Jean-Claude Paye: Nel momento in cui questi testi sono stati adottati, già avevamo un’idea di dove avrebbero portato. La lista delle reti «terroristiche» proviene dall’Unione Europea. È un regolamento europeo del 2001 a metterla in vigore. Nel mio libro La fin de l’État de droit, prendo il caso di un comunista filippino, José Maria Sison, un rifugiato politico riconosciuto, che aveva ottenuto asilo politico nei Paesi Bassi. Iscritto nella lista «terroristi» degli Stati Uniti, il suo nome è stato poi trascritto nella lista «terroristi» olandese. Il signor Sison ha appreso di essere iscritto nella lista «terroristi» quando sono stati bloccati i suoi conti ed è stato espulso dall’alloggio sociale che gli era stato attribuito. In seguito è stato ritirato dalla lista olandese ma, dal momento che frattanto era stato iscritto dal Consiglio sulla lista europea, il governo olandese si è servito del pretesto che il signor Sison figurava nella lista «terroristi» europea per mantenere le disposizioni che non poteva giustificare. In questo caso è interessante il fatto che, l’11 luglio 2007, la Corte europea di Lussemburgo ha cassato la decisione del Consiglio europeo. Essa ha stabilito che non c’era ragione di iscrivere Sison nella lista dei «terroristi» del Consiglio che consente il blocco dei conti bancari. Il giudizio ha sancito chiaramente che l’assenza di «motivi pertinenti» e il mancato rispetto dei diritti della difesa sono stati gli elementi che hanno fatto cassare la decisione del Consiglio europeo. Tuttavia, il 28 agosto, il signor Sison è stato di nuovo arrestato dalla polizia olandese, in violazione della decisione della Corte di giustizia. Questo caso è emblematico dei rapporti oggi esistenti tra la Giustizia — l’ultima istituzione di resistenza alla concentrazione dei poteri nelle mani dell’esecutivo — e la polizia. Ciò dimostra che la polizia fa quello che vuole, violando le decisioni di giustizia.
Silvia Cattori: Sembra che sia iniziata la prima trasposizione nella lista «terroristi» francese dei decreti recentemente promulgati da George Bush, che criminalizzano le organizzazioni e gli individui che si oppongono all’attuale politica in Iraq e nel Libano. Prossimamente, potrebbe essere pubblicata una lista di nomi, congiuntamente da Francia e Stati Uniti. Quando, nel gennaio 2006, fu votato dal Parlamento francese [5] il dispositivo legislativo sul riciclaggio, nessuno dubitò che servisse a colpire degli oppositori politici? Jean-Claude Paye: In ogni paese, c’è una lista interna delle organizzazioni «terroristiche». Generalmente, si tratta della semplice trascrizione della lista del Consiglio europeo, alla quale sono aggiunti degli elementi complementari. Lo apprendo per quanto riguarda il Libano. Sembra che qui siano stati aggiunti degli elementi complementari agli elementi dell’opposizione politica del Libano. Sarebbe interessante sapere se questi elementi saranno integrati nella lista del Consiglio europeo. Non è un tribunale a dichiarare che un tale è «terrorista»; a iscrivervi è una semplice autorità amministrativa, senza che ci sia alcune spiegazione a giustificare il vostro inserimento in tale lista.
Silvia Cattori: Che cosa le suggerisce tutto questo? Jean-Claude Paye: Questo dimostra che quasi tutti i poteri sono attualmente concentrati nelle mani dell’esecutivo. Che ora l’esecutivo ha dei poteri giudiziari. È il potere esecutivo a decidere che si possa prendere nei vostri confronti tale o talaltra misura. L’esempio dell’opposizione in Libano e l’esempio di José Maria Sison, sono esattamente la stessa cosa. Si tratta di decisioni senza motivazioni. Salvo che con il Libano c’è un’estensione, poiché per essere incriminati non occorre essere membri di un’organizzazione designata come «terroristica», ma semplicemente avere contatti con suoi membri. È una tendenza generale che prevale a livello dell’applicazione delle legislazioni «antiterroristiche».
Silvia Cattori: Dunque, lo scopo del Patriot Act e delle altre leggi «antiterroristiche» è quello di attaccare le libertà fondamentali? Jean-Claude Paye: Sì, l’obiettivo è sopprimere le libertà fondamentali.
Silvia Cattori: Ci saremmo aspettati che tutte le forze politiche denunciassero queste norme d’eccezione. La sinistra, che si presenta come il difensore della giustizia sociale, non dovrebbe mobilitarsi, esigere un immediato ritorno allo Stato di diritto? Jean-Claude Paye: La Sinistra? Quale sinistra? Guardi gli Stati Uniti. I democratici votano le leggi più liberticide elaborate dal Partito repubblicano. Il Military Commission Act, adottato nel 2006, è stato votato anche da una parte del Partito democratico che, pure, è maggioritario alla Camera ed aveva la possibilità di impedire a questa legge di passare. Da noi è la stessa cosa. A parte un’accelerazione, come accade con il presidente Sarkozy, quando la sinistra è al potere non si vede la differenza con la destra. In Francia, ad esempio, le prime misure di sorveglianza globale sono state messe in atto dal governo di Lionel Jospin. Il solo apparato che manifesta una lieve resistenza è quello giudiziario. Negli Stati esistono arresti effettuati dall’esecutivo che vengono cassati. Ad esempio, quando in Belgio la Corte di Cassazione annulla per vizio di forma il giudizio in appello dei militanti del DHKCP, è una resistenza dell’apparato giudiziario. Il problema è che non esiste alcun meccanismo di diffusione nella società civile. Questa assenza si aggiunge al silenzio dei media. Da un’istituzione isolata non si può sperare che possa condurre a lungo la resistenza.
Silvia Cattori: Ma si tratta di un attacco contro la libertà di opinione che si estende al mondo intero. È dunque capitale che i partiti politici si preoccupino di queste derive e che i cittadini sappiano che queste nuove leggi permettono, sulla base di un semplice sospetto, di mantenere chiunque in prigione senza accusa e senza processo, che più nessuno è protetto dalla legge, che si tratta di un arbitrio totale! Come si spiega che nei Forum sociali mondiali gli alter mondialisti, i responsabili di Attac, non mettono tali questioni al centro del dibattito? Jean-Claude Paye: Non ne parlano. Non vogliono parlarne. Questo tocca i problemi fondamentali. Essi non vogliono parlare di questi problemi, perché dovrebbero affrontare direttamente il potere. Queste preoccupazioni sono per loro secondarie. Non fanno più parte del programma di Attac. Parlano della tassa Tobin, di cose periferiche. Siamo in una società psicotica, una società del non scontro. Non sono mai i partiti che governano a proteggere i cittadini. Ogni volta che i partiti hanno fatto passare delle misure favorevoli ai cittadini, è perché esisteva un rapporto di forza che li costringeva. La démocrazia si conquista ogni giorno, non è mai concessa. Se studia e spiega queste leggi «antiterroristiche», lei svela esattamente la natura del potere. Lei non può più parlare di potere democratico, lei vede una società già in marcia verso la dittatura. Vede che ogni nuova misura presa è peggiore della precedente. Le cose sono chiarissime. Ma ci rifiutiamo di vederle per come sono. Il problema fondamentale non è che il potere si trasformi in dittatura perché, come mostra la storia, un potere incontrollabile si trasforma sempre in dittatura. Il problema fondamentale della nostra epoca è l’abdicazione delle persone di fronte a questo processo. E questo è un fenomeno piuttosto nuovo. Le persone abbandonano al potere e alla macchina economica le loro libertà; e a termine, visti i problemi ambientali e climatici, la loro sopravvivenza in quanto specie vivente.
Silvia Cattori: Da quando ha avvertito che le cose si sarebbero evolute in questo senso e che alle persone critiche del sistema politico e mediatico sarebbe stato vietato di parlare? Jean-Claude Paye: Dalla fine degli anni '90. Già allora, si vedeva la costruzione di questo Stato poliziesco. Ma le leggi emanate all’epoca sembrano quasi democratiche in confronto a quello che vediamo oggi. Il processo conosce una forte accelerazione.
Silvia Cattori: Questo significa che l’Autorità esecutiva degli Stati Uniti attacca direttamente i diritti fondamentali dei cittadini del mondo intero, tra cui quelli dell’Unione Europea!? Jean-Claude Paye: Sì, è evidente! Ma non si tratta solo dell’esecutivo statunitense, ma dell’insieme degli esecutivi dell’intero pianeta, tra i quali c’è una vera solidarietà contro le loro popolazioni. Le prigioni segrete della CIA sono un buon esempio di questo processo [6]. A livello europeo, delle amministrazioni sono state integrate direttamente in questa organizzazione della tortura. Nel migliore dei casi, tutto quello che si è potuto ottenere dai governi europei è che si comportino come le tre piccole scimmie: cieche, sorde e mute [7].
Silvia Cattori: Che cosa accadrà a quelli che sono iscritti su queste liste di «terroristi» che rimangono segrete? Jean-Claude Paye: Le liste «terroristi» non sono tutte segrete. A livello europeo, solo la lista «Europol» è segreta. Essa consente di prendere misure di sorveglianza e di mettere in atto speciali tecniche di sorveglianza e ricerche segrete su persone definite «terroristi» [8]. La lista del Consiglio europeo permette di prendere misure finanziarie, come il blocco dei conti bancari. Tutti questi elementi saranno utilizzati se il rapporto di forza in loco sarà favorevole al potere. La prima cosa da fare è rivelare che cosa succede, diffondere il massimo delle informazioni e fare in modo che queste liste siano note.
Silvia Cattori: Ciò non le suggerisce alcuna analogia? Jean-Claude Paye: Sì, il clima degli anni trenta. Ma, attualmente, viene messa in atto una dittatura mondiale. Una specie di «migliore dei mondi» e non un semplice processo di «fascistizzazione».
Silvia Cattori: Dopo il 2001, si sequestrano delle persone, si torturano dei presunti «terroristi» di origine araba e di confessione musulmana. Un domani ci dobbiamo aspettare che venga punito chi denuncia questi abusi? Jean-Claude Paye: L’impero ha bisogno di nemici. Esso crea, inventa i propri nemici. La prima cosa da fare è mostrare ciò che è nascosto [9]. Ci sono tanto di leggi che permettono di fare qualsiasi cosa in ogni momento! Ma questo viene fatto in funzione della resistenza immediata degli interessati. In precedenza vi era un quadro legislativo che ci proteggeva. Ora, loro possono fare quello che vogliono se hanno la capacità d’imporlo. Oggi, le cose si basano su un puro rapporto di forza.
Silvia Cattori: Dick Marty [10], delegato dal Consiglio d’Europa, potrebbe ottenere dall’Unione Europea l’annullamento di queste liste illegali? Jean-Claude Paye: Il rapporto che Dick Marty ha redatto è molto importante! Esso è fuori dal coro, si oppone alla linea politica dei governi europei. Ma, di fatto, il signor Marty non ha alcun potere; il suo rapporto non ha potuto cambiare nulla, perché è controcorrente. Tuttavia, questo rapporto è essenziale.
Silvia Cattori: I politici che ci parlano di giustizia e libertà, lo fanno a vanvera? Jean-Claude Paye: Bisogna essere lucidi, mostrare le cose per quello che sono. Quelli che fanno delle critiche limitandosi a dire: «Sì, servono delle leggi antiterrorismo, è necessario lottare contro il terrorismo, ma bisogna evitare gli abusi» non fanno che legittimare il punto di vista del potere. Dobbiamo mostrare che le leggi che hanno come obiettivo dichiarato la lotta al «terrorismo» sono in realtà leggi contro le popolazioni. L’ultima legge promulgata negli Stati Uniti, il Military Commission Act, è una legge costituzionale di portata mondiale, come ho dimostrato nel mio ultimo libro Global war on Liberty. Il presidente degli Stati Uniti ha la possibilità di definire nemico ogni cittadino statunitense o qualsiasi abitante di un paese con il quale gli USA non sono in guerra. La gestione delle popolazioni, cittadini statunitensi compresi, diviene un atto di guerra e non più solo un’azione di polizia. Prendiamo ad esempio l’Accordo Swift. Swift è un’agenzia belga che si occupa di trasferimenti finanziari internazionali. Swift ha trasmesso, dal 2001, tutte le informazioni sulle transazioni dei suoi clienti, violando non solo la legislazione belga, ma la legislazione europea [11]. In Europa è il diritto degli Stati Uniti ad essere applicato. Tutto quello che viene detto dall’amministrazione statunitense sta nel campo della fede. La tesi governativa sugli attentati dell’11 settembre non può essere creduta razionalmente da nessuno. Il rapporto della Commissione non parla nemmeno del crollo di una terza torre. Si tratta di un rapporto psicotico, nel quale il discorso dell’autore si sostituisce agli stessi fatti. Un récente sondaggio Zogby mostra che la maggioranza degli Statunitensi auspica la riapertura dell’inchiesta [12]. Mentre, in Europa, viene stigmatizzato il semplice fatto di porre delle domande.
Silvia Cattori: Quale meccanismo ci resta per esigere il ritorno ad uno Stato di diritto? Jean-Claude Paye: Bisogna mettere le carte in tavola. Parlare chiaro. Mostrare le implicazioni. Questo dipende dalla capacità di resistenza delle persone. La lotta «antiterroristica» è in realtà una guerra contro le libertà. Questa guerra contro le libertà è la prima fase di una guerra contro le popolazioni. E il Military Commission Act è una legge penale di carattere mondiale ed è, in realtà, un atto di sovranità imperiale. È una legge che confonde rapporto di polizia con rapporto di guerra. È la messa a punto di una nuova forma di Stato mondiale che, integrando funzioni di polizia e di guerra, lotta contro le proprie popolazioni. Cosa importante, questa legge viene applicata a livello mondiale, dà la possibilità agli Stati Uniti non solo di intervenire ma, soprattutto, di farsi consegnare qualsiasi cittadino nel mondo, cioè delle persone da essi definite «nemici combattenti». Gli accordi europei di estradizione con gli Stati Uniti non si oppongono al fatto che le persone definite «nemici combattenti» possano essere trasferite negli Stati Uniti. Si tratta dunque di una legge che ha una portata mondiale. È un Atto costitutivo dell’Impero. Attualmente è il diritto penale ad essere costituente. Questo è già esistito nella storia delle nostre società. Il diritto penale esercita un ruolo costituente nei periodi di transizione (ad esempio, il diritto penale fu dominante agli inizi del capitalismo). Se il diritto penale è attualmente dominante, si sta preparando una nuova forma di diritto di proprietà. Quello che si potrebbe chiamare la fine della «proprietà di sé». Il complesso dei nostri dati personali non ci appartiene più. Essi appartengono allo Stato, ma anche alle imprese private. Il dominio del diritto penale prepara la realizzazione di questo futuro diritto privato.
Silvia Cattori: Generalmente la gente pensa che queste misure colpiscano solo individui ben precisi? Jean-Claude Paye: Esse colpiscono tutti. Colpiscono ogni forma di resistenza. Un «terrorista» è divenuto qualcuno che non vuole abbandonare al potere le sue libertà, qualcuno che vuole vivere.
Silvia Cattori: Da questa estate, gli Stati Uniti considerano sospetti di « terrorismo » gli oppositori alla loro linea politica in Iraq e nel Libano [13]. Già vi figura il direttore dell’agenzia di stampa libanese New Orient News. L’amministrazione Bush avrebbe chiesto al governo Sarkozy, di trascrivere nel diritto francese le nuove liste di oppositori politici e di farvi figurare il giornalista Thierry Meyssan, già persona non gradita sul territorio degli Stati Uniti. Questo la sorprende? Jean-Claude Paye: Non ero al corrente della richiesta concreta di Bush relativa a Thierry Meyssan. Ma si tratta di un contesto di puri rapporti di forza in un determinato momento. Quando si pensa all’isteria manifestata dai sedicenti «intellettuali» francesi e agli attacchi subiti in Francia Thierry Meyssan dopo l’uscita del suo libro sugli attentati dell’11 settembre [14] che ha osato porre le domande necessarie, non ci può più meravigliare di nulla. Il mio lavoro mostra che le disposizioni «antiterroristiche» hanno come obiettivo l’attacco agli oppositori politici nonché alle popolazioni e non solo agli «islamisti». Non si può dunque essere fondamentalmente sorpresi, se si verifica questo, un’eventuale iscrizione di Thierry Meyssan nella lista dei «terroristi». Tuttavia, ciò indicherebbe che abbiamo raggiunto una nuova tappa nella criminalizzazione della parola di opposizione. Indicherebbe che il potere si sente perfettamente a suo agio, mettendo in chiaro degli obiettivi che finora ha sempre negato. Chi può credere alla tesi governativa degli attentati dell’11 settembre? Chi può credere che una torre colpita da un aereo cada in modo controllato? Il problema è che gli Stati Uniti danno tutte le informazioni che permettono di rimettere in discussione la loro tesi, e le persone fanno mostra di credere. Ci troviamo in un meccanismo perverso nel quale l’individuo, per non affrontare il Reale, fa finta di credere all’inverosimile.
Silvia Cattori: Mentre Thierry Meyssan ha rivelato fatti che avrebbero dovuto prendere sul serio, curiosamente, i giornalisti lo hanno in genere stroncato. Jean-Claude Paye: A chi appartengono quei giornali che hanno diffamato Thierry Meyssan? Quei «giornalisti» sono delle persone che ricopiano ciò che viene loro detto di dire. Ne conosce molti di giornalisti «ufficiali» che verificano le loro fonti e che fanno un serio lavoro d’indagine?
Silvia Cattori: I suoi libri sono importanti per tutti quelli che difendono le libertà. Jean-Claude Paye: Ho scritto questi libri perché credo sia stato necessario farlo. Quando ho visto passare queste leggi, in Belgio e ovunque nel mondo, tutto è andato nello stesso senso. Bisognava rilevare questa coerenza. Sono in pochi a fare questo lavoro. Io sono quasi il solo a lavorare in maniera globale. Tutti questi dati non sono messi insieme. Devo raccoglierli, fare il lavoro del giurista e, nello stesso tempo, il mio lavoro di sociologo, per poter pensare la nuova forma di organizzazione del potere. I miei lavori prendono in considerazione le due sponde dell’Atlantico. Studiano non solo le leggi anti-terrorismo, ma tutte le leggi di controllo sociale. Questo forma un tutto.
di Silvia Cattori (giornalista svizzera). Articoli di questo autore Intervista realizzata il 30 agosto 2007. Tradotto da Eurasia
Note:
[1] La fine dello stato di diritto. La Dispute, Paris, 2004. Questo libro è pubblicato in italiano dal Manifesto libri, in tedesco da Rotpunktverlag. Global War on Liberty. Éditions Telos Press, New York 2007. La traduzione in turco uscirà prossimamente edita da IMGE, in spagnolo da HIRU, in olandese da EPO.
[2] Il Patriot Act è definito una «Legge per unire e rafforzare l’America fornendo gli strumenti appropriati per individuare e contrastare il terrorismo». Votato dal Congresso degli Stati Uniti, è stato firmato da George W. Bush, il 26 ottobre 2001. Adottato a titolo provvisorio, questo dispositivo d’eccezione giungeva a scadenza il 31 dicembre 2005, ma veniva prolungato dalla Camera dei rappresentanti e perdura. Tra le sedici disposizioni del Patriot Act, che assicurano un controllo generalizzato delle popolazioni, quattordici sono state rese permanenti. Questa legge consente inoltre al governo degli Strati Uniti di detenere senza limiti e senza accuse ogni cittadino straniero sospettato di «terrorismo».
[3] «L’OTAN : du Gladio aux vols secrets de la CIA», di Ossama Lotfy, Réseau Voltaire, 24 aprile 2007.
[4] I giudizi di primo grado e di appello sono stati annullati dalla Corte di Cassazione di Bruxelles nel giugno 2007. Il processo ricomincia in appello il 13 settembre ad Anversa.
[5] Il capitolo VIII della legge n° 2006-64, pubblicata sul Journal officiel de la République française del 24 gennaio 2006, stabilisce che ogni persona morale o fisica che è stata in relazione con una persona iscritta nelle liste europee ad esempio di sospetti finanziatori del terrorismo (le quali comprendono liste di oppositori alla politica degli Stati Uniti in Iraq e nel Libano) deve rispondere ad ogni domanda relativa a tale relazione. Nel caso in cui egli disponga di risorse o di beni di cui non possa giustificare l’origine, sarà considerato, per difetto, come se li avesse ricevuti nel quadro di un’attività «terroristica». La Francia può bloccare i suoi averi, mentre un giudice anti-terrorista può farlo arrestare e incarcerare, poi farlo giudicare e, forse, condannare a 3 anni di prigione e a 75 000 euri di multa.
[6] «La CIA possède des prisons secrètes en Europe», di D. E., Réseau Voltaire, 10 novembre 2005.
[8] «L’Euro Patriot Act, Réseau Voltaire, 17 novembre 2003.
[9] «La loi Ashcroft-Perben II» e « La France autorise l’action des services US sur son territoire», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 18 febbraio e 8 marzo 2004.
[10] «Faut-il combattre la tyrannie avec les instruments des tyrans?», di Dick Marty, Réseau Voltaire, 22 marzo 2007.
[13] La qualifica di «terrorista» è stata estesa dal presidente George W. Bush agli oppositori politici con l’Executive Order 13438 — Blocking Property of Certain Persons Who Threaten Stabilization Efforts in Iraq (firmato il 17 luglio 2007) e con l’Executive Order 13441 — Blocking Property of Persons Undermining the Sovereignty of Lebanon or Its Democratic Processes and Institutions (firmato il 1° agosto 2007).
[14] L’Incredibile Menzogna, Thierry Meyssan, Fandango libri, 2002.
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PAUL HELLYER CONTRO IL COVER-UP SUGLI UFO DEGLI AMERICANI

30 Aprile 2008
L´ex Ministro della Difesa Canadese alla X-Conference di Washington
Atto di accusa di Paul Hellyer contro il Governo USA: «Basta menzogne, inganni e oscurità»
a cura di Maurizio Baiata Lo scorso 18 Novembre la "X-Conference" di Washington DC ha visto la partecipazione come relatore dell´onorevole Paul Hellyer, ex vice Primo ministro e ministro della Difesa del Canada. Hellyer ha pronunciato un discorso di enorme portata politica, un appello al popolo degli Stati Uniti affinché venga sollevato il velo di segretezza che ricopre la questione UFO e la presenza di esseri extraterrestri in visita al pianeta Terra. Espresso nella capitale degli Stati Uniti, a pochi passi dalla Casa Bianca, il discorso di Hellyer è stato totalmente ignorato dai grandi media statunitensi.Si ringrazia Michael J. Bird, Direttore di Exopolitics Toronto (Canada) per aver fornito alla nostra corrispondente dagli USA, Paola Harris, la trascrizione del discorso di Paul Hellyer. Ecco il testo, nella nostra traduzione.«Avrei voluto essere di buon umore, ma non lo sono affatto. Stiamo precipitando verso la distruzione del nostro pianeta, e sembriamo fare ben poco di utile per evitarlo.Alcune decadi orsono visitatori da altri pianeti ci misero in guardia sulla direzione da noi intrapresa, e si offrirono per aiutarci. Però noi, o almeno alcuni di noi, interpretammo le loro visite come una minaccia, e decidemmo di sparare prima e di porre le domande dopo. Il risultato fu che alcuni dei nostri aerei andarono perduti; ma quanti lo furono per rappresaglia e quanti furono il risultato della nostra stupidità è un punto controverso.Wilbert Smith, uno dei primi Canadesi ad interessarsi attivamente all´argomento UFO, ebbe modo di chiedere ai visitatori quali fossero le ragioni delle distruzioni accidentali di nostri velivoli che si erano avvicinati troppo ad un disco volante. La loro risposta fu questa: Eravamo informati del fatto che, nonostante pochi dei nostri aerei (dei terrestri, N.d.T.) avessero fatto una fine sventurata a causa di cioè che essi ritenevano frutto della stupidità colossale dei nostri piloti, adesso essi stavano adottando misure correttive per evitare i nostri velivoli.
Allora chiesi loro cosa era accaduto e loro risposero: "Bene, i campi che circondano i dischi per assicurarne la capacità di librarsi, per produrre la gravità differenziale, il differenziale di campo temporale necessario per rendere operativa l´astronave, tali campi a volte producevano delle combinazioni di campo, che riducevano la resistenza dei materiali, sino al punto di non essere più forti abbastanza per sopportare il peso che i materiali avrebbero dovuto sopportare". Ora, come sappiamo, gli aerei, in particolare quelli di tipo militare, sono costruiti in base a fattori di sicurezza piuttosto limitati e, nelle regioni a curvatura ridotta, i materiali non riescono più a sopportare il peso e il velivolo, semplicemente, viene distrutto. Questo non convinse i nostri vertici militari, che devono aver pensato che fosse più importante garantire la superiorità nucleare Americana - anche se il suo impiego avesse provocato l´annientamento del genere umano - piuttosto che seguire i consigli e iniziare ad allontanare il pianeta dal baratro dell´olocausto globale.
Loro, i militari, devono essere stati e lo sono ancora, così paranoici da credere che fosse necessario usare la tecnologia dei visitatori per combatterli, invece che accoglierli come partner nello sviluppo - nonostante fossero stati in grado di appoggiare alcuni traditori e assisterli in ciò che può essere ben definito come sviluppi diabolici.Stephen (Bassett) ha dichiarato che parlare di UFO è ormai obsoleto e che dovremmo invece parlare di eso-politica. In teoria, io sono d´accordo, ma nella realtà abbiamo a che fare con un problema, considerando che la politica ufficiale USA ribadisce che gli UFO non esistono. Il velo della segretezza deve essere sollevato e adesso, prima che sia troppo tardi.È ironico pensare che gli USA possano iniziare una guerra devastante -apparentemente per scoprire delle armi di distruzione di massa - quando le conseguenze più temibili in questo campo si stanno verificando proprio nel cortile di casa vostra. È ironico pensare che gli USA debbano combattere delle guerre mostruosamente dispendiose in Iraq e Afghanistan, apparentemente per portare la democrazia a queste due nazioni, mentre questa stessa democrazia non può più legittimamente essere definita tale, dato che miliardi di dollari vengono spesi in progetti dei quali sia il Congresso sia il Comandante in Capo sono stati deliberatamente tenuti all´oscuro. Quali risultati sono stati raggiunti in sessanta anni di febbrili attività condotte da alcune delle menti più elevate degli Stati Uniti? L´America ha sviluppato veramente dei dischi volanti visualmente indistinguibili dai visitatori, come qualcuno presume? E se così fosse, cosa si propongono di fare con questi oggetti?
Un punto ancora più critico: quali progressi sono stati conseguiti nello sviluppo di fonti di energia pulita che possano sostituire i combustibili fossili, salvando così il pianeta dal trasformarsi in un vero e proprio deserto? Chi ha le risposte? Qualcuno le ha, ma apparentemente non lo stanno dicendo né ai segretari della difesa, né ai presidenti, perché essi non posseggono il nulla osta di accesso a queste informazioni.In un episodio riportato dal Dr. Stephen Greer, al Presidente Clinton fu posta la domanda dalla giornalista della Casa Bianca Sarah McClendon sul perché egli non avesse fatto qualcosa per la divulgazione della verità sugli UFO. Clinton replicò: "Sarah, c´è un governo all´interno del governo ed io non ne ho il controllo". Ora dovete scusarmi. Il Comandante in Capo, la stessa persona in grado di premere il bottone del detonatore nucleare quindi non ha il diritto di sapere quello che i suoi subordinati stanno facendo?I cittadini degli Stati Uniti, in base alla loro Costituzione, hanno il diriritto di sapere. I cittadini del mondo si appellano al diritto di sapere, perché questo riguarda anche i nostri discendenti e le loro esistenze minacciate da un pericolo mortale. È giunto il momento, per il popolo degli Stati Uniti, di lanciare una nuova guerra contro il demonio delle menzogne, dell´inganno e dell´oscurità, e alzare la testa, lottando per la vittoria della verità, della trasparenza, e della luce».
Paul Hellyer
Grazie a Robert Fleischer della Exopolitics Germany e a Paola Harris per le coordinate che seguono.
Il Video del discorso pronunciato dall´Onorevole Paul Hellyer alla X-Conference, salutato da una Standing Ovation:http://video.google.com/videoplay?docid=-7659561326132786433
National Press Club Press Conference Video and Pictures A review of the X-Conference - Washington DC April 18 - 20 and the major players and issues of the four day event:
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UFO, IN GIAPPONE DUE MINISTRI SPUTANO IL ROSPO

21 Dicembre 2007
STUPORE IN GIAPPONE
Prepariamoci a combattere gli alieni Due esponenti del governo nipponico ammettono l'esistenza degli UFO www.corriere.it/esteri 20 Dicembre TOKIO Il capo di Stato maggiore delle Forze di autodifesa giapponesi, il ministro Shigeru Ishiba (nella foto in basso), ha affermato che il Giappone deve prepararsi preventivamente ad un possibile attacco da parte degli alieni. E non è il solo a pensarla così. Capita di rado, o quasi mai, che un responsabile governativo si sbilanci ufficialmente, quando viene sollecitato sull'argomento dell'esistenza di oggetti non identificati, gli UFO Per questo hanno suscitato grande curiosità e sbigottimento in questi giorni a Tokio e in tutto il Giappone le dichiarazioni di importanti esponenti politici. RISPOSTE STEREOTIPATE - Il primo ad esporsi pubblicamente è stato il capo di gabinetto nipponico, Nobutaka Machimura, martedì scorso durante una conferenza stampa. Alle domande insistenti dei giornalisti sui recenti avvistamenti di oggetti non identificati nei cieli del Sol Levante il ministro ha ammesso, senza giri di parole, che "il governo può solo offrire risposte stereotipate a questa domanda - ma personalmente, credo definitivamente che gli UFO esistano". "Non dovrei aggiungere altro, ma vorrei veramente che queste domande venissero poste con più frequenza", ha detto. GODZILLA - Come scrive il quotidiano Kyodo News sulla sua pagina online, quest'oggi è stato invece il turno di un secondo ministro, quello alla Difesa, Shigeru Ishiba. "Non c'è nessun motivo per negare ulteriormente che oggetti non identificati (UFO) esistono, e che questi vengono controllati da un'altra forma di vita", ha detto ai reporter, specificando tuttavia che si tratta di un'esternazione a titolo personale. "Verificherò se l'esercito del Giappone sia in grado di affrontare un attacco alieno - del resto, anche nei film di Godzilla sono di fatto le truppe giapponesi ad entrare in azione", ha affermato Ishiba. "Non si capisce come mai", ha poi aggiunto, "la nostra legislazione non dispone ancora di alcuna direttiva nel caso di un'invasione extraterrestre". Pure in questo caso il politico ha voluto sottolineare che quella espressa era solo un'opinione personale.
ATTACCO - Con la sua Costituzione estremamente pacifista, il Giappone rinuncia ad avere delle forze armate predisposte per una guerra, e si vieta ogni partecipazione militare a conflitti internazionali. Dalla fine della seconda guerra mondiale Tokyo ha avuto solo una Forza di Autodifesa.
Elmar Burchia, 20 dicembre 2007
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NON C'E' PACE PER L'INTER: TELEFONATE E TIPI SOSPETTI ALLA PINETINA

Da Materazzi a Mancini fino a Ibrahimovic risultano aver avuto contatti con un frequentatore della Pinetina ora indagato, anche per sospetti di mafia
Scudetto, ultimi veleni sull'Inter
"Intercettazioni e auto di lusso"
MILANO - Un nuovo caso di intercettazioni telefoniche getta ombre sul mondo del calcio, avvelenando l'attesa della finale dello scudetto di domenica per l'Inter. Diversi giocatori nerazzurri risultano aver avuto contatti con Domenico Brescia, titolare di una sartoria nella zona di Saronno, ed ex frequentatore assiduo della Pinetina, indagato dalla procura distrettuale antimafia milanese e dai carabinieri del Ros in un'indagine per associazione a delinquere di stampo mafioso, connessa al traffico di stupefacenti. Materazzi, Ibrahimovic, Zanetti, Mihajlovic e l'allenatore Mancini sono coinvolti nella faccenda, che rimane tutta da chiarire. Nessuno di loro è al momento indagato, né implicato in vicende penalmente rilevanti. Brescia, che aveva già avuto guai con la giustizia e che recentemente gli stessi vertici dell'Inter avrebbero allontanato dalla Pinetina, attraverso un amico - anche lui indagato - procurava a prezzi vantaggiosi macchine di lusso e altri oggetti di valore. Forse ignorando il suo passato, i giocatori nerazzurri si avvalevano dei suoi servizi e col tempo erano anche diventati amici. Gli inquirenti hanno anche espresso il dubbio che i rapporti fra gli indagati e i giocatori che domenica a Parma lotteranno per lo scudetto potessero andare al di là della compravendita degli oggetti: si sta cercando, in particolare, di chiarire il significato di alcune conversazioni oscure, che lasciano pensare alla volontà di nascondere i reali significati delle affermazioni intercettate.
15 maggio 2008
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aggiornamento 15 maggio 2008, ore 10:45
Droga e auto di lusso: contatti sospetti dell'Inter
Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni perisce. Sembrano infatti tornare di gran moda le chiacchierate telefoniche compromettenti che riguardano il mondo del calcio. E in questo caso chi ci potrebbe rimettere le penne è l'Inter, che dalle intercettazioni, durante il caso Calciopoli, aveva guadagnato uno scudetto (tolto alla Juventus 'moggiana' e riassegnato al club di Massimo Moratti).
Le intercettazioni - questa volta, secondo quanto risulta a Radiocor, sono esponenti dell'Inter a essere coinvolti in una vicenda dai contorni ancora tutti da chiarire. Si tratta infatti di intercettazioni seguite dai Carabinieri di Trento che riguarderebbero anche scommesse effettuate da giocatori nerazzurri sulla vittoria dello scudetto 2006/2007, in seguito conquistato dalla squadra di Mancini. A confermarlo sono state fonti vicine agli inquirenti.
Traffico di droga - Gli stessi inquirenti stanno nel frattempo cercando di chiarire i contenuti di conversazioni che, a causa delle parole utilizzate, lasciano pensare alla volontà di nascondere i reali significati delle affermazioni intercettate. Le intercettazioni sarebbero scaturite dall'indagine per traffico di droga che riguardava il procuratore sportivo Donato Brescia. Nelle intercettazioni si parla di tutto: auto, orologi, biglietti per lo stadio, calciomercato.
Gli intercettati - La prima telefonata intercettata tra Brescia e Mancini risale al 15 giugno del 2006, l'ultima è del 19 aprile 2007. Gli esponenti dell'Inter che sarebbero stati intercettati sono il vice-allenatore Sinisa Mihajlovic, Materazzi, Ibrahimovic, il tecnico Roberto Mancini e il capitano Javier Zanetti. I tre comunque non risulterebbero indagati. Niente male per una squadra che domenica, a Parma, si gioca una stagione in 90'. Fra gli intercettati, anche "Spillo" Altobelli, Rocco Di Stasi, dipendente della società di Moratti, Fausto Sala responsabile del centro coordinamento tifosi, Fausto Salsano, allenatore in seconda e un giornalista sportivo di cui non si conoscono le generalità.
Chi è Brescia - L'indagato è Domenico Brescia di 55 anni ha precedenti per concorso in omicidio, associazione mafiosa, rapina, droga ed è, secondo alcuni investigatori della direzione distrettuale antimafia (DDA), legato alla 'ndrangheta. L'uomo è stato per molto tempo un frequentatore abituale del campo di allenamento, dell'Inter, dal quale è stato recentemente allontanato. Spesso a san Siro ha assistito alle partite in tribuna vip
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Aggiornamento: 16/5/2008, ore 3:40 (il grassetto nell'articolo che segue è mio)

Intercettazioni, Inter nel mirino Indagine su droga: nessun indagato

Tesserati dell'Inter risultano coinvolti, attraverso intercettazioni, in una vicenda legata all'indagine per traffico di droga che riguarda Domenico Brescia, con precedenti per omicidio, associazione mafiosa, rapina e droga e, pare, ospite fisso alla Pinetina. Gli esponenti dell'Inter intercettati sono Sinisa Mihajlovic, Marco Materazzi, l'allenatore Roberto Mancini e il capitano Xavier Zanetti. I quattro comunque non sono indagati. Sulla vicenda indaga la procura di Milano. Come riporta il Corriere della Sera, quasi duemila conversazioni intercorse tra Brescia e il suo socio Daniele Bizzozzero con Mancini e gli altri tesserati nerazzurri, (qualcosa come una quindicina di volumi), sono arrivate in Procura a Milano e toccherà ora al sostituto procuratore antimafia Marcello Musso decidere che farne.

Per i carabinieri del Ros, che seguono l'inchiesta (almeno 80 gli indagati) su fiumi di cocaina, lavorando in silenzio da un paio d’anni, le telefonate intercettate sulle utenze dei due pregiudicati non hanno evidenziato alcuna responsabilità penale riferibile agli interlocutori, ma sarà proprio il magistrato a dover stabilire se stralciare le intercettazioni dal fascicolo originario oppure proseguire con altri accertamenti.

Chi è BresciaDomenico Brescia, 55 anni, nato a Castell’Arquato, è considerato vicino al clan dei boss mafiosi Biagio e Alessandro Crisafulli. È proprio intercettando Brescia e Bizzozzero, latitante a Montecarlo poi arrestato a Parigi, che sono finiti nel brogliaccio delle intercettazioni Roberto Mancini e Sinisa Mihajlovic, il capitano Javier Zanetti, ma anche Rocco Di Stasi, impiegato dell’Inter, Alessandro Altobelli, Fausto Sala, direttore responsabile del centro coordinamento tifosi dell’Internazionale, Fausto Salsano, allenatore in seconda e assistente tecnico, Marco Materazzi, un non meglio identificato giornalista sportivo che si chiama Bruno e Alfredo Granconato, della ditta Granconato Impianti srl.

Fuga di notizie: "Valuterò se aprire un fascicolo per fuga di notizie". Cosi' il pm di Milano Marcello Musso commenta la notizia di intercettazioni, in un'indagine del Ros dei Carabinieri da lui stesso coordinata, nell'ambito delle quali emergono contatti di diversi giocatori ed esponenti dell'Inter con un indagato per droga, il sarto di Rovello Porro (Como), Domenico Brescia. Le conversazioni contenute nell'informativa del Ros, trasmessa nei giorni scorsi al pm della Dda Marcello Musso, non era ancora stata depositata alle parti.

Il legale di Brescia: nessuna indagine sul mio assistito: "Il mio assistito è amico da trent'anni di giocatori dell'Inter, frequenta abitualmente, se non quotidianamente, la Pinetina, veste diversi giocatori e l'allenatore Roberto Mancini ma non ha mai avuto rapporti illeciti con alcuno di essi". Lo afferma l'avvocato Marisa Guassardo, legale di Domenico Brescia, a proposito delle conversazioni intercettate tra il suo assistito e alcuni esponenti dell'Inter. "Attualmente - spiega l'avvocato - non ci risulta alcuna indagine su Brescia e per noi è una sorpresa leggere quello che è stato pubblicato".

Paolillo: "Mai avuto a che fare con quel boss". "Non sapevamo nulla di tutta questa vicenda, non conosciamo i fatti riportati dai giornali e non abbiamo alcun commento da fare. Posso solo precisare che Domenico Brescia non ha avuto mai alcun rapporto di lavoro con l'Inter e quindi non è mai stato un dipendente della società". Lo ha affermato l'amministratore delegato dell'Inter, Ernesto Paolillo secondo il quale "Brescia aveva forse contatti con i giocatori ma non ha mai avuto nulla a che fare con la società Inter che non gli ha mai affidato alcun lavoro".

Brescia: "Mi dispiace per i danni all'Inter". "Mi dispiace che per i miei precedenti penali che risalgono a fatti dell'89 e del 92 e che non riguardano condanne nè per associazione mafiosa né per droga siano stati coinvolti calciatori professionisti seri con i quali ho sempre avuto solo rapporti di lavoro e di amicizia da più di 30 anni. Mi spiace che questa vicenda venga strumentalizzata in un momento così delicato per loro". E' la dichiarazione diffusa dall'avvocato difensore di Domenico Brescia.Mancini e Mihailovic minacciamo azioni legali Roberto Mancini e Sinisa Mihajlovic passano al contrattacco minacciando azioni legali e appellandosi al Garante della Privacy. Lo rendo noto Stefano Gagliardi, legale dell'allenatore dell'Inter e del suo vice, in una nota in cui preannuncia per conto dei suoi assistiti "azioni penali e richieste risarcitorie commisurate alla gravità e lesività dellenotizie diffuse nei confronti di tutti quei quotidiani, telegiornali e radio-giornali che hanno arbitrariamente e illecitamente accostato i nomi dei signori Mancini e Mihajlovic a giri di prostituzione droga e scommesse sportive.

Fonte: http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo413625.shtml

Io penso che:

: : Sinceramento penso che se questa notizia sia fondata come pare, i danni all'immagine della società Inter e di personaggi singoli come Mancini, Zanetti (il capitano), Mihailovic, e pare anche Ibrahimovic e Altobelli sarebbero distruttivi. Una fine simile a quella di Moggi, anzi, forse peggio, perchè di quel porco di Moggi lo sapevano tutti da sempre che era un vile mafiosetto (vedi ad es: Lucky Luciano, Kaos Edizioni).

Che bisogno hanno questi miliardari di invischiarsi in traffici sporchi? E' una cosa che non riesco davvero a comprendere. Queste persone sono tutti giorni alla televisione, sui giornali, sono i cosidetti super-VIP, il gotha della classe sociale italiana: tv, sponsor, diritti d'immagine, spot televisivi, questa gente che "ha tutto" secondo tutti, hanno i miliardi, hanno bisogno di andare a far soldi con faccende così losche e pericolose? Pericolose soprattutto perché se vuoi fare qualcosa di così "pattugliato", giocatela meglio, voglio dire! Prostituzione, droga a livello internazionale, auto di lusso (rubate?), poi questa collusione mafiosa che davvero è devastante. Che idioti.

2.000 telefonate con questo Brescia, mafioso non-mafioso, reati pesantissimi alle spalle, un tipo di certo poco raccomandabile: pietosa la replica di Paolillo, che riesce solo a smentire a livello societario, per Mancini & Co. non ci prova nemmeno! E' evidente che un tipo del genere, che è latitante a Montecarlo - ricordiamolo -, e sono 30 che bazzica la Pinetina, non dovrebbe neppure essere un lontano conoscente della banda Mancini. Tuttavia, qua, la carta canta.

La vicenda ripeto, mi sembra tremenda, ripeto: devastante. Se vien fuori una bolla di sapone - Moratti oggi a Striscia non era molto tranquillo, bisogna dirlo -, magari insabbiata un pochetto - ma non credo proprio, il clima è rovente, i media sono in fermento -, vabbé, ma se la storia esplode qua c'è poco da stare tranquilli. Per ora nessun reato, comunque, ma aspettiamo, perché pare che sia una fuga di notizie e quindi magari sarebbe poi esplosa ancor più fragorosamente a indagine conclusa. Vedremo. Di certo c'è da parlare della tempistica.

La tempistica rende la vicenda ancora più oscura, allucinante. L'Inter domenica si gioca lo scudetto con la Roma e proprio a metà settimana spunta fuori questa pesantissima storia. E' pazzesco, e pone molte domande. Perché proprio adesso? Ovviamente c'è da chiedersi questo, prima di tutto, perché si poteva aspettare benissimo la fine del campionato. E poi, chi ha fatto uscire questo ora? Chi è l'esecutore materiale? Chi è che ha ricevuto per primo queste notizie? Mandanti?

Una vicenda torbida. Di certo c'è solo che per l'Inter non c'è mai pace... Immagino i milioni di tifosi che stanno penando da vent'anni per vincere uno scudetto di cartone, uno giocando da soli, e una Coppa UEFA quando Ronaldo era in più forte di tutti - e questo la lice lunga sulla infinita passione dell'interista -, e un disastroso girone di ritorno all'inizio del quale l'Inter secondo tutti aveva già vinto lo scudetto, ipotecato la Champions, e Ibra sarebbe stato pallone d'oro. Povero interista.

A prescindere da questa storia, spero davvero che la Roma possa vincere questo scudetto. E credo di essere in compagnia di una bella fetta di Paese. L'Inter non piace più, non diverte, gioca male, è spocchiosa. La Roma è tutta cuore e bel gioco, squadra fantastica la Roma. E se proprio l'Inter deve vincere questo scudetto spero che lo vinca perché perde col Parma e la Roma pareggia: pari punti, vince l'Inter per gli scontri diretti. Credo che tantissimi penseranno che il vero scudetto sia però della Roma.

: : Claudio aka borquide

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Aggiornamento 16 Maggio 2008, ore 11:40

LE TELEFONATE Mancini, Zanetti e la scelta tra la Ferrari e un Rolex Daytona Il tecnico parla di calcio e vestiti con il pregiudicato. Il capitano di automobili di lusso e orologi

[NOTIZIE CORRELATE: Il boss, le telefonate e i giocatori dell'Inter (15 maggio 2008) ] MILANO — Il contratto e Moratti, la formazione della domenica, il pensiero per Figo che lui vorrebbe sempre vedere in campo, qualche bella figliola e i pantaloni attillati da accorciare un po' perché «così cadono meglio». Oltre che dell'amico latitante Daniele Bizzozzero arrestato in Francia, è soprattutto di questo che Roberto Mancini parla con il pregiudicato Domenico Brescia, il «sarto della Pinetina». «Ma hai rinnovato il contratto o no?», chiede il «Dome» a Mancio. E il mister: «A dire la verità non mi ha chiamato nessuno, nessuno mi ha chiesto nulla...». E ancora: «Ma ce la fa Figo a giocare?». Mormora qualcosa il mister, e mentre il brigadiere dei carabinieri del Ros quel giorno comandato alle intercettazioni sta per ascoltare in anteprima la formazione del-l'Inter che mille giornalisti sportivi pagherebbero per conoscere in anticipo, il discorso tra i due interlocutori cade per un attimo sull'amministratore delegato dell'Inter Ernesto Paolillo. Uno che per il Mancio «crede di poter fare proprio tutto quello che vuole lui...».

Con capitan Zanetti, invece, il pregiudicato parla di auto di lusso e di preziosissimi orologi. «Ti ho rimediato una Ferrari 430 che è un gioiello», gli dice. Ma il capitano al telefono tentenna: «Una Ferrari? Lo sai che le Ferrari non mi fanno impazzire». «Già — chiude il sarto — tu sei un animale da Porsche...». E prima di salutarsi i due prendono accordi per un Rolex Daytona.

Intanto, mentre resta aperta la caccia alle intercettazioni, si chiarisce che è stato un ex poliziotto a fare liquidare Brescia dalla Pinetina. È successo un mese fa. Ingaggiato da poche settimane come addetto alla sicurezza di Appiano Gentile, l'ex agente con anni di esperienza alla Digos s'è ritrovato tra i piedi il sarto e ha subito ricollegato quel volto a un pregiudicato pieno di cattive amicizie, uno in rapporti con boss della mala del calibro di Biagio e Alessandro Crisafulli. Quindi lo ha riferito alla dirigenza, e per il «Dome tuttofare» la Pinetina è diventata invalicabile. Del resto, che Brescia fosse costretto a fare attenzione agli orari e alle persone presenti nella sede della squadra nerazzurra prima di avvicinarsi ai giocatori e a Mancini, emerge chiaramente da diverse intercettazioni telefoniche tra il dipendente dell'Inter Rocco Di Stasi e il «sarto». «C'è l'uomo in giro — lo avvisa il primo — meglio che tu non ti faccia vedere... Vieni più tardi».

Oppure, in un'altra telefonata, sempre Di Stasi avvisa Brescia di tenersi alla larga, «perché lì attorno ci sono Oriali, Branca e Filucchi». E poi, gli dice ancora «...quello là non sa che sei salito in camera da Julio Cesar... ma devi stare più accorto...», altrimenti, gli raccomanda Di Stasi, il rischio è che «succedano casini».Chiede biglietti, il «sarto della Pinetina». E in cambio cerca case a buon mercato, trova auto potenti a metà prezzo, piazza gioielli e, in una circostanza, accetta di farsi carico del cane che Bobo Vieri ha regalato alla figlia di Di Stasi.

«Devo andare in vacanza — dice il dipendente dell'Inter — non so a chi lasciarlo, in un posto mi hanno chiesto dieci euro al giorno...». Un affarista nato ma capace anche di intenerirsi, Domenico Brescia. Tanto che in un'intercettazione si capisce che fa di tutto— e ci riesce — per fare entrare alla Pinetina una ragazzina con le stampelle appena arrivata da Terracina.Più cinico, invece, quando Brescia parla con Di Stasi che gli preannuncia la visita in negozio di un uomo di fiducia di Moratti: «Non farlo pagare, così lo coinvolgiamo e possiamo chiedergli favori...», gli suggerisce Di Stasi. E Brescia: «Ma sei sicuro che non posso proprio chiedergli nulla?». Meglio di no, lo rimbrotta l'interlocutore, «altrimenti sembra una cosa preparata».

Biagio Marsiglia16 maggio 2008

Fonte: http://www.corriere.it/sport/08_maggio_16/intercettazioni_mancini_zanetti_4aad11e2-230d-11dd-8746-00144f486ba6.shtml

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mercoledì 14 maggio 2008

9/11, PENTAGONO: L' AEREO C'E' MA I ROTTAMI (NON) CI SONO!

Apparsa qualche giorno fa la notizia del “Gruppo Undicisettembre” riguardanti i presunti rottami di AA77: pare infatti che, non-si-sa-dove, non-si-sa-quando e non-si-sa-perché siano saltate fuori delle foto che “metterebbero a tacere quello che ormai sta diventando il mistero del XXI secolo”.Pare infatti (secondo il sito “11-SETTEMBRE”) che al Pentagono, un uomo addetto ai lavori per lo sgombero delle macerie dell’aereo piombato, secondo la Commissione Indipendente per l’11 Settembre nel Ministero della Difesa a stelle e strisce, abbia fotografato… si signori: i resti di American Airlines 77!! Ma vediamo prima di analizzare le fotografie così come ci vengono presentate dalla redazione del sito 11-settembre:
Questa è la prima immagine che notiamo. Ci viene detto essere stata scattata ne “A-E Drive” ossia il “corridoio” interno che separa i due anelli più esterni a quelli più interni. La prova “schiacciante” a dimostrare l’autenticità della foto è il fatto che l'autore del’articolo ha ricevuto delle e-mail che ne confermino l’autenticità, specificando di essere in possesso del nome e del cognome dell’autore.Quindi per questa teoria basta che un testimone dica “si ho visto Mario Rossi scattare quella foto” immediatamente la foto scattata da Mario Rossi è autentica, non fa niente se magari mostra una mucca che vola, ma stiamo scherzando? Abbiamo il nome di chi ha scattato la foto! E’ quindi obbligatoriamente autentica. Nella parte evidenziata con il numero 1 vi sono quelli che, paiono essere i copertoni delle ruote del carrello e l’armatura interna. E fino a questo punto oserei anche dare ragione all’autore dell’articolo. Ma attenzione il fatto che ci siano i resti di un carrello non significa necessariamente che ci sia di mezzo anche l’aereo. Anche in Pennsylvania dentro “la buca” c’è qualche “pezzo di ferro”.
Quello che nella “foto panoramica” dei “rottami di AA77” è indicato con il numero 2 sono, secondo il Gruppo Undicisettembre, un pezzo dei motori Rolls-Royce del 757. A parte che, sfido chiunque a risalire da quei pezzi all’immagine postata sotto la foto, e gia questo da solo basterebbe a mettere in dubbio la veridicità di tale affermazione. Qui sotto vediamo la foto di un motore Rolls Royce di un boeing 757.
Riguardiamo per qualche istante la foto che mostra tutti i rottami, l’immagine e la foto qui a lato. Anche un cieco penso ammetterebbe che è effettivamente troppo piccolo per far parte della copertura di un motore Rolls Royce, di quelli montati sui 757. Ma la verità, ricordiamocelo, molto spesso è un opinione, e la si distorce fino a giungere al risultato sperato. La prova “inconfutabile” invece che ci troviamo al Pentagono è data dal fatto che nella prima fotografia si può infatti intravedere uno di quei mezzi meccanici utilizzati per sgomberare la parte colpita dalle macerie dell’aereo. Solo al Pentagono, è risaputo, si usano tali mezzi. Avremo quindi una mucca che vola nella fotografia di Mario Rossi e i resti di un boeing 757 nella fotografia postata su 11-Settembre.
Chiediamoci poi perché, se queste foto sono realmente così tanto autentiche e schiaccianti, non sono mai emerse fin’ora, nemmeno nel rapporto della Commissione, ma vengono pubblicate da un blog italiano.
AndreaP
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DALL'ALASKA ALLA CINA, LA STRADA PASSA FORSE PER IL DARFUR?

E' chiaro che non si può vivere pensando che ogni nuovo uragano o terremoto “è colpa dei militari americani”, ma alzi la mano chi non ha pensato almeno per un momento che il devastante terremoto che ha appena colpito la Cina non abbia nulla a che fare con loro. Specialmente a poca distanza dagli "strani" terremoti dell'Indiana, e ad un altrettanto sospetto uragano sul Myanmar, che ora sta ”obbligando” l'occidente ad un intervento umanitario del quale – per qualche strano motivo - i governanti locali sembrerebbero voler fare a meno. Per non parlare del famoso "tsunami " del 2004, il cui percorso stranamente "selettivo" rimane ancora un mistero irrisolto. E poi c'è sempre Katrina, a fare ombra su tutto.Certo, scegliere di vivere all'interno di una logica del genere significa entrare in un incubo in cui tutti i parametri conosciuti non valgono più nulla, e qualunque ragionamento diventa possibile. Non farlo però significa procedere con il letale metodo deduttivo - quello della famosa “premessa intoccabile” - che ci metterebbe sullo stesso piano di coloro che dicono che l'idea di un autoattentato (nel 9/11) “è troppo grossa”, per cui concludono che “gli americani non possono essersi fatto da soli una cosa del genere“. Come ben sappiamo invece, non è l'idea ad essere ”troppo grossa”, ma il cervello di molte persone ad essere troppo piccolo per accettarla. ("Piccolo" non in senso offensivo, ma semplicemente limitativo: certe persone non riescono a concepirlo, e basta).Cerchiamo quindi di non escludere nulla a priori, e restiamo fedeli al metodo analitico, lasciando che sia la valutazione dei fatti a dettare eventuali conclusioni, e non viceversa.
Di fatto, noi di HAARP sappiamo poco o nulla, ma quello che sappiamo è sufficiente a farci pensare che certi “interventi” sui fenomeni naturali siano ormai possibili, oltre che decisamente “desiderabili” da parte di una certa elite militare americana. Se c'è infatti un vantaggio, nella mentalità iper-pragmatica dei nostri amici d'oltreoceano, è l'assoluta mancanza di pudore nel dichiarare apertamente i loro desideri più reconditi: quello che noi europei nasconderemmo sotto dieci strati di bugie e di ipocrisia - come ad esempio il desiderio di poter controllare certi eventi metereologici – loro te lo dicono chiaramente in faccia, e te lo ritrovi pure, nero su bianco, in dozzine di documenti ufficiali. Sono 40 anni che gli americani vorrebbero riuscire a modificare certe situazioni metereologiche, sono 40 anni che ci provano, e a questo punto solo un cieco di professione può voler escludere a priori che, almeno in parte, siano in grado di farlo.Potere, ovviamente, non significa volere. Come dice la regola d'oro della penalistica americana, per stabilire le responsabilità di un delitto sono necessarie tre condizioni fondamentali: means, motive, and opportunity, ovvero i mezzi, la motivazione, e l'effettiva oppurtunità per compierlo. (Curiosamente, tutte e tre le condizioni mancavano a bin Laden, ma in questo caso la “ferrea logica” americana ha deciso di fare una storica eccezione. Ma questo è un altro discorso).
Torniamo invece ai nostri amici di HAARP: supponendo che i mezzi li abbiano, e che l'oppurtunità possano quindi crearla a piacimento, resta da stabilire la loro eventuale motivazione per voler compiere un gesto del genere in una situazione come quella attuale. Qui naturalmente le ipotesi si aprono a ventaglio, ma ve ne sono alcune che gridano più forte della altre per essere almeno prese in seria considerazione. Non più di due settimane fa il Christian Science Monitor (*) pubblicava un interessante articolo, il cui titolo oggi suona particolarmente curioso: "The only way to alter China's hand in Darfur. Shame won't work. But enlisting its self-interest can. (April 30, 2008)" "L'unico modo per mutare l'ingerenza della Cina nel Darfur. Umiliarli non serve, fare appello ai loro interessi sì."
Ne riportiamo integralmente i primi paragrafi: "Genocide Olympics" branding is a waste of time that is being paid for with lives. The media loves a good street circus – this month, Jonathan Alter declared the Olympics "the world's last lever" to settle Darfur, as if TV stunts and Olympic ceremonies propel geopolitics. But Beijing's support for Sudan's Khartoum government won't be blunted by Western pressure. The West must constructively enlist China." "Etichettarle “Olimpiadi del genocidio” è solo una perdita di tempo, che viene pagata con vite umane. I media adorano le carnevalate – in questo mese Jonathan Alter ha definito le Olimpiadi “l'ultima arma” per risolvere il problema del Darfur, come se le boutades televisive o le cerimonie Olimpiche potessero determinare le questioni geopolitiche. Ma l'appoggio di Pechino per il governo sudanese di Khartoum non si lascia intimidire dalla pressione occidentale. Sta all'Occidente coinvolgere la Cina in maniera costruttiva.
"Per la maggioranza di noi, questo strano collegamento fra il Darfur e la Cina giunge inatteso. Ma è lo stesso articolo a spiegarne chiaramente i motivi, che qui riassumiamo. I barbari di Khartoum – spiega l'articolo del CSM - alimentano l'odio razziale e incitano le milizie dei janjaweed verso quello che appare a tutti come un genocidio. Bisogna invece capire che ciò che motiva ed alimenta questo regime criminale non è di natura etnica, ma è il bisogno disperato della Cina di risorse energetiche, unito all'importanza strategica che i giacimenti petroliferi del Darfur rappresentano per la crescita economica della Cina.Teniamo infatti presente che la Cina si è assicurata tutte le più importanti concessioni petrolifere del Darfur, mentre il presidente sudanese Omar al-Bashir finanzia proprio lo sterminio di quelle tribù che reclamano i diritti sulle zone del Sudan che nascondono i maggiori giacimenti petroliferi. In questo modo Khartoum toglie di mezzo una popolazione che crea notevoli problemi, mentre è in grado di spedire sempre maggiori quantità di petrolio verso la Cina. Il semplice fatto che la Cina abbia investito miliardi di dollari nei nuovi impianti di estrazione e nei nuovi oleodotti – come, curiosamente, in nuove fabbriche di armamenti nel Sudan – rende semplicemente ridicolo il tentativo di ricatto morale da parte dell'Occidente attraverso i giochi olimpici. La Cina inoltre fa parte del Consiglio di Sicurezza ONU, ed è quindi in grado di porre in qualunque momento il veto ad un intervento armato internazionale, restando del tutto tranquilla anche su quel fronte. L'articolo del CSM prosegue analizzando nel dettaglio le dinamiche in corso, e le diverse possibilità per raggiungere una soluzione favorevole ad ambedue le parti. Ma è chiaro a questo punto che i cinesi abbiano, nell'intricata faccenda del Darfur, il coltello dalla parte del manico.A tutto questo, aggiungiamo la recente notizia dell'improvvisa chiusura delle frontiere fra Sudan e Chad, e mettiamoci dei panni di un qualunque “Dottor Stranamore” di oggi, che abbia in mano la famosa “leva” di terremoti e uragani. A mio parere, la situazione è tale che sarebbero sufficienti le sole “vibrazioni emotive” di questa persona a scatenare un terremoto devastante in qualche parte della Cina.
Massimo Mazzucco
* Il Christian Science Monitor – che di “cristiano” ha soltanto il nome, per un motivo troppo lungo da spiegare - è un po' la nemesi del New York Times, nel senso che ne segue la scuola giornalistica di fondo, ma può permettersi di pubblicare certi articoli che sul NYT verrebbero giudicati troppo “onesti” per essere davvero pubblicabili. (Parere personale, ovviamente).
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